Solitudine, John Keats

Solitudine, se vivere devo con te,
sia almeno lontano dal mucchio confuso
delle case buie; con me vieni in alto,
dove la natura si svela, e la valle,
il fiorito pendio, la piena cristallina
del fiume appaiono in miniatura;
veglia con me, dove i rami fanno dimore,
e il cervo veloce, balzando, fuga
dal calice del fiore l’ape selvaggia.
Qui sarei felice anche con te. Ma la dolce
conversazione d’una mente innocente, quando le parole
sono immagini di pensieri squisiti, è il piacere
dell’animo mio. E’ quasi come un dio l’uomo
quando con uno spirito affine abita in te.

O Solitude! If I Must With Thee Dwell

O Solitude! If I must with thee dwell,
Let it not be among the jumbled heap
Of murky buildings; climb with me the steep, –
Nature’s observatory – whence the dell,
Its flowery slopes, it’s river’s crystal swell,
May seem a span; let me thy vigils keep
‘Mongst boughs pavillion’d, where the deer’s swift leap
Startles the wild bee from the fox-glove bell.
But though I’ll gladly trace these scenes with thee,
Yet the sweet converse of an innocent mind,
Whose words are images of thoughts refin’d,
Is my soul’s pleasure; ad it sure must be
Almost the highest bliss of human-kind,
When to thy haunts two kindred spirits flee

I miei poveri versi, da “Vuoto d’amore”, Alda Merini

I miei poveri versi
non sono belle, millantate parole,
non sono afrodisiaci folli
da ammannire ai potenti
e a chi voglia blandire la sua sete.
I miei poveri versi
sono brandelli di carne
nera disfatta chiusa,
e saltano agli occhi impetuosi;
sono orgogliosa della mia bellezza;
quando l’anima è satura dentro
di amarezza e dolore
diventa incredibilmente bella
e potente soprattutto.
Di questa potenza io sono orgogliosa
ma non d’altre disfatte;
perciò tu che mi leggi
fermo a un tavolino di caffé,
tu che passi le giornate sui libri
a cincischiare la noia
e ti senti maestro di critica,
tendi il tuo arco
al cuore di una donna perduta.
Lì mi raggiungerai in pieno.

Libertà, Fernando Pessoa

Ma che piacere
non compiere un dovere,
avere un libro da leggere
e non farlo!
Che noiosa la lettura,
che pochezza la cultura!
Il sole splende senza letteratura.
Il fiume scorre, bene o male,
senza edizione originale.
E la brezza che passa,
naturale e mattiniera,
sa che ha tempo, e non ha fretta…

I libri sono carta inchiostrata.
Lo studio è una cosa ove è indistinta
la distinzione fra il niente e cosa alcuna.

Quanto è meglio, se c’è bruma,
aspettare Don Sebastiano,
venga o non venga
Grande è la poesia, la bontà e le danze…
ma le cose migliori son l’infanzia,
fiori, musica, chiardiluna, e il sole, che pecca
solo se invece di nutrire secca…

E ancor meglio di questo
è Gesù Cristo,
che non sapeva niente di finanze
né consta che avesse biblioteca…

Liberdade

Ai que prazer
não cumprir um dever.
Ter um livro para ler
e não o fazer!
Ler é maçada,
estudar é nada.
O sol doira sem literatura.
O rio corre bem ou mal,
sem edição original.
E a brisa, essa, de tão naturalmente matinal
como tem tempo, não tem pressa…
Livros são papéis pintados com tinta.
Estudar é uma coisa em que está indistinta
A distinção entre nada e coisa nenhuma.
Quanto melhor é quando há bruma.
Esperar por D. Sebastião,
Quer venha ou não!
Grande é a poesia, a bondade e as danças…
Mas o melhor do mundo são as crianças,
Flores, música, o luar, e o sol que peca
Só quando, em vez de criar, seca.
E mais do que isto
É Jesus Cristo,
Que não sabia nada de finanças,
Nem consta que tivesse biblioteca…

La parola, da “Bone Palace Ballet”, Charles Bukowski

la parola non ha gambe o occhi,
non ha bocca, non ha braccia,
non ha interiora e
spesso non ha cuore, o ne ha molto
poco.

non puoi chiedere alla parola di
accendere la tua sigaretta
anche se ti aiuterà
a goderti il tuo vino.

e non puoi forzare la parola
a fare nulla che non
voglia fare.
non puoi affaticarla.
e non puoi svegliarla
quando decide di
dormire.

la parola ti tratterà bene
a volte,
in base a quello che
le chiederai di
fare.
altre volte, ti tratterà
male
non importa cosa le chiederai
di
fare.

la parola viene e
va.
a volte devi
aspettare molto tempo
perché arrivi.
a volte non
torna.
a volte gli scrittori
si uccidono
quando la parola
se ne va.

altri scrittori fingeranno
che sia ancora

anche se la parola
è morta e
sepolta.

molti scrittori famosi
lo fanno.
e molti meno famosi
che
si definiscono
scrittori.

la parola non è per
tutti,
e per molti,
è lì
solo per pochissimo
tempo.

la parola è uno dei
più
potenti miracoli
in tutta
l’esistenza,
può illuminare o
distruggere
menti,
nazioni,
culture.

la parola è pericolosa
e bellissima.

se arriva per te
lo verrai a
sapere
e sarai il
più fortunato degli
esseri umani.
null’altro avrà
importanza e
ogni altra cosa avrà
importanza.

sarai il
centro del
sole,
riderai
attraverso i
secoli,
potrai
sentirla tua,
le tue dita
il tuo stomaco
la sentiranno,
sarai,
per quanto potrà
durare,
un dannato
scrittore
facendo il possibile
impossibile,
buttandola giù,
buttandola giù,
buttandola
giù.

(Trad. di Alessandra Marchesi)

 

The word

the word has no legs or eyes,
has no mouth, has no arms,
has no intestines and
often no heart, or very
little.Continua a leggere…

Senza di te, John Keats

Senza di te
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l’anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.

 

I cannot exist without you

I cannot exist without you –
I am forgetful of every thing but seeing you again –Continua a leggere…

Nuvole, da “Elogio dei sogni”, Wislawa Szymborska

Dovrei essere molto veloce
nel descrivere le nuvole –
già dopo una frazione di secondo
non sono più quelle, stanno diventando altre.

La loro caratteristica è
non ripetersi mai
in forme, sfumature, pose, disposizione.

Non gravate della memoria di nulla,
si librano senza sforzo sui fatti.

Ma quali testimoni di alcunché –
si disperdono all’istante da tutte le parti.

In confronto alle nuvole
la vita sembra solida,
pressoché duratura e quasi eterna.

Di fronte alle nuvole
perfino un sasso sembra un fratello
su cui si può contare,
loro invece sono solo cugine lontane e volubili.

Gli uomini esistano pure, se vogliono,
e poi uno dopo l’altro muoiano,
loro, le nuvole,
non hanno niente a che vedere
con tutta questa faccenda
molto strana.
Al di sopra di tutta la tua vita
e della mia, ancora incompleta,
sfilano fastose così come già sfilavano.

Non devono insieme a noi morire,
né devono essere viste per fluttuare.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

Clouds

I’d have to be really quick
to describe clouds –
a split second’s enough
for them to start being something else.

Their trademark:
they don’t repeat a single
shape, shade, pose, arrangement.

Unburdened by memory of any kind,
they float easily over the facts.

What on earth could they bear witness to?
They scatter whenever something happens.

Compared to clouds,
life rests on solid ground,
practically permanent, almost eternal.

Next to clouds
even a stone seems like a brother,
someone you can trust,
while they’re just distant, flighty cousins.

Let people exist if they want,
and then die, one after another:
clouds simply don’t care
what they’re up to
down there.

And so their haughty fleet
cruises smoothly over your whole life
and mine, still incomplete.

They aren’t obliged to vanish when we’re gone.
They don’t have to be seen while sailing on.

(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)

Credevo, Rabindranath Tagore

Credevo che il mio viaggio
fosse giunto alla fine
mancandomi oramai le forze.
Credevo che la strada
davanti a me
fosse chiusa
e le provviste esaurite.
Credevo che fosse giunto
il tempo
di trovare riposo
in una oscurità pregna
di silenzio.
Scopro invece che i tuoi
progetti
per me non sono finiti
e quando le parole ormai
vecchie
muoiono sulle mie labbra
nuove melodie nascono dal
cuore;
e dove ho perduto le tracce
dei vecchi sentieri
un nuovo paese mi si apre
con tutte le sue meraviglie.

I thought

I thought that my voyage had come to its end
at the last limit of my power,—that the path before me was closed,
that provisions were exhausted
and the time come to take shelter in a silent obscurity.

But I find that thy will knows no end in me.
And when old words die out on the tongue,
new melodies break forth from the heart;
and where the old tracks are lost,
new country is revealed with its wonders.

Fiori, da “Illuminations”, Arthur Rimbaud

Da un gradino d’oro, – fra i cordoni di seta, le organze grigie, i velluti verdi e i dischi di cristallo che anneriscono come bronzo al sole, – vedo la digitale aprirsi su un tappeto di filigrane d’argento, d’occhi e di capigliature.

Monete d’oro giallo sparse sull’agata, colonne di mogano a reggere una cupola di smeraldi, mazzolini di raso bianco e fini verghe di rubini circondano le rose d’acqua.

Quale un dio dagli enormi occhi azzurri e dalle forme di neve, mare e cielo attirano alle terrazze di marmo la folla delle giovani e forti rose.

Fleurs

D’un gradin d’or, – parmi le cordons de soie, les gazes grises, les velours verts et les disques de cristal qui noircissent comme du bronze au soleil, – je vois la digitale s’ouvrir sur un tapis de filigranes d’argent, d’yeux et de chevelures.

Des pièces d’or jaune semées sur l’agate, des piliers d’acajou supportant un dôme d’émeraudes, des bouquets de satin blanc et de fines verges de rubis entourent la rose d’eau.

Tels qu’un dieu aux énormes yeux bleus et aux formes de neige, la mer et le ciel attirent aux terrasses de marbre la foule des jeunes et fortes roses.

Dire: fare, da “Árbol adentro”, Octavio Paz

Tra ciò che vedo e dico,
tra ciò che dico e taccio,
tra ciò che taccio e sogno,
tra ciò che sogno e scordo,
la poesia.
Scivola
tra il sì e il no:
dice
ciò che taccio,
tace
ciò che dico,
sogna
ciò che scordo.
Non è un dire:
è un fare.
È un fare
che è un dire.
La poesia
si dice e si ode:
è reale.
E appena dico
è reale,
si dissipa.
È più reale, così?

2
Idea palpabile,
parola
impalpabile:
la poesia
va e viene
tra ciò che è
e ciò che non è.
Tesse riflessi
e li stesse.
La poesia
semina occhi nella pagina,
semina parole negli occhi.
Gli occhi parlano,
le parole guardano,
gli sguardi pensano.
Udire
i pensieri,
vedere ciò che diciamo,
toccare
il corpo dell’idea.
Gli occhi
si chiudono,
le parole si aprono.

(Trad. di Roberto Paoli)

Decir: hacer

Entre lo que veo y digo,
entre lo que digo y callo,
entre lo que callo y sueño,
entre lo que sueño y olvido,
la poesía.Continua a leggere…

Lo sforzo, da “Balistica”, Billy Collins

C’è nessuno che voglia unirsi a me
nel lanciare alcuni sassi verso
quegli insegnanti che amano porre la domanda:
“Che cosa sta cercando di dire il poeta?”

come se Thomas Hardy e Emily Dickinson
si fossero sforzati ma alla fine avessero fallito:
disgraziati incapaci di parlare, che altro non erano,
con la penna in bocca a guardare fuori dalla finestra in attesa d’un idea.

Sì, sembra che Whitman, Amy Lowell
e tutti gli altri potessero solo tentare e fallire,
ma noi nella classe di Inglese della terza ora della prof Parker
qui al Liceo di Springfield ce la faremo

con l’aiuto di questi questionari di comprensione
a dire quel che il povero poeta non riusciva a dire,
e faremo tutto questo prima
dell’orgia dell’insalata di uova e tonno nota come pranzo.

Stasera, tuttavia, io sono quello che cerca
di dire che cosa significa questa assenza,
noi due che dormiamo e ci svegliamo sotto due diversi tetti.
L’immagine di questo vaso di fiori recisi,

non del nostro giardino, non aiuta.
E lo stesso vale per quel piatto singolo,
la lampada solitaria, e il tempo là fuori che preme il volto
contro queste finestre nuove, la pioggia leggera e il gelo del mattino.

E allora lascerò che sia la prof Parker,
che sta picchiettando con un gesso la lavagna,
e i suoi studenti – alcuni con la mano alzata,
altri trasandati con i loro cappellini portati a rovescio –

a capire quel che sto cercando di dire
su questo posto in cui mi trovo
e di farlo prima che suoni la campanella di mezzogiorno
e sia sguinzagliato il tornado di polpette di carne.

(Trad. di Franco Nasi)

The Effort

Would anyone care to join me
in flicking a few pebbles in the direction
of teachers who are fond of asking the question:
“What is the poet trying to say?”

as if Thomas Hardy and Emily Dickinson
had struggled but ultimately failed in their efforts—
inarticulate wretches that they were,
biting their pens and staring out the window for a clue.

Yes, it seems that Whitman, Amy Lowell
and the rest could only try and fail
but we in Mrs. Parker’s third-period English class
here at Springfield High will succeed

with the help of these study questions
in saying what the poor poet could not,
and we will get all this done before
that orgy of egg salad and tuna fish known as lunch.

Tonight, however, I am the one trying
to say what it is this absence means,
the two of us sleeping and waking under different roofs.
The image of this vase of cut flowers,

not from our garden, is no help.
And the same goes for the single plate,
the solitary lamp, and the weather that presses its face
against these new windows–the drizzle and the
morning frost.

So I will leave it up to Mrs. Parker,
who is tapping a piece of chalk against the blackboard,
and her students—a few with their hands up,
others slouching with their caps on backwards—

to figure out what it is I am trying to say
about this place where I find myself
and to do it before the noon bell rings
and that whirlwind of meatloaf is unleashed.