La terra ha molte chiavi. Dove cessa la melodia è la penisola sconosciuta. La bellezza è realtà naturale.
Ma testimone la terra e testimone il mare, il grillo è il massimo dell’elegia per me.
(Traduzione di Massimo Bacigalupo)
Nota del traduttore: Keys è usato nel senso di chiave musicale. La terra è piena di musica; l’assenza di suono è l’infinito sconosciuto. La bellezza e la musica sono i fatti tangibili della natura, in oppozione al mondo dei fenomeni non percepibili. Fra tutte le musiche, la più elegiaca è il canto del grillo, spesso oggetto delle meditazioni di E.D. (soprattutto 1068), in quanto annuncio della fine dell’estate. In effetti queste due strofe concludevano una versione di 1068, e non costituiscono pertanto una poesia a sé. Tuttavia esse si staccano decisamente, per il loro carattere aforistico e dichiarativo, dalla poesia enigmatica per la quale forse furono scritte.
The Earth Has Many Keys
The earth has many keys. Where melody is not Is the unknown peninsula. Beauty is nature’s fact.
But witness for her land, And witness for her sea, The cricket is her utmost Of elegy to me.
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Yuja Wang | conducts the Mahler Chamber Orchestra on Beethoven Piano concerto No 1, 3rd movement
Da trapezio a trapezio, nel silenzio dopo dopo un rullo di tamburo di colpo muto, attraverso attraverso l’aria stupefatta, più veloce del del peso del suo corpo che di nuovo di nuovo non ha fatto in tempo a cadere.
Solo. O anche meno che solo, meno, perché imperfetto, perché manca di manca di ali, gli mancano molto, una mancanza che lo costringe a voli imbarazzati su una attenzione senza piume ormai soltanto nuda.
Con faticosa leggerezza, con paziente agilità, con calcolata ispirazione. Vedi come si acquatta per il volo? Sai come congiura dalla testa ai piedi contro quello che è? Lo sai, lo vedi
con quanta astuzia passa attraverso la sua vecchia forma e per agguantare il mondo dondolante protende le braccia di nuovo generate?
Belle più di ogni cosa proprio in questo proprio in questo momento, del resto già passato.
(Traduzione di Pietro Marchesani)
In senso figurato questa poesia parla della nostra mortalità, ricordandoci la brevità della vita, e rafforzando così la necessità di sfruttare il poco tempo che abbiamo e la necessità di usare questo tempo con saggezza. Attraverso l’esempio di un acrobata, un artista, Szymborska ci mostra che non tutto dura e che le aspettative spesso portano alla delusione poiché le cose inevitabilmente non sono come avremmo pensato.
The Acrobat
From trapeze to to trapeze, in the hush that that follows the drum roll’s sudden pause, through, through the startled air, more swiftly than than his body’s weight, which once again again is late for its own fall.
Solo. Or even less than solo, less, because he’s crippled, missing missing wings, missing them so much that he can’t miss the chance to soar on shamefully unfeathered naked vigilance alone.
Arduous ease, watchful agility, and calculated inspiration. Do you see how he waits to pounce in flight; do you know how he plots from head to toe against his very being; do you know, do you see
how cunningly he weaves himself through his own former shape and works to seize this swaying world by stretching out the arms he has conceived–
beautiful beyond belief at this passing at this very passing moment that’s just passed.
(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)
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2019 Helene Fischer Show: Julio Batista De Souza & Helene Fischer Pole Act
Ero sulla collina accarezzata dalla pallida breve nevicata. Solitaria una stella mi guardava nella sera che gelida brillava.
Altra creatura a parte me non v’era che vedesse quel che vedevo io. Contemplai la mia stella nella sera finché il suo sguardo s’incontrò col mio.
(Traduzione di Silvio Raffo)
February Twilight
I stood beside a hill Smooth with new-laid snow, A single star looked out From the cold evening glow.
There was no other creature That saw what I could see — I stood and watched the evening star As long as it watched me.
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Yuja Wang plays an encore after the 5th Prokofiev concerto, New York Carnegie Hall, May 1st, 2019. The piece is called “You come here often?”, composed by Michael Tilson Thomas and dedicated to Yuja Wang
Signore Iddio, dacci un lungo inverno, una musica sommessa, labbra pazienti, e un po’ d’orgoglio – prima che finisca il nostro tempo. Dacci la meraviglia e una fiamma, alta, chiara.
(Traduzione di Krystyna Jaworska)
A Flame
God, give us a long winter and quiet music, and patient mouths, and a little pride — before our age ends. Give us astonishment and a flame, high, bright.
(Translated from Polish by Clare Cavanagh)
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David Garrett with Julien Quentin performing in Mexico City at the Palacio de Bellas Artes. Recital Concert excerpt from Henryk Wieniawski Polonaise D-major op. 4 – February 2017
E tu chi sei? chiesi alla pioggia che scendeva dolce, e che, strano a dirsi, mi rispose, come traduco di seguito: sono il Poema della Terra, disse la voce della pioggia, eterna mi sollevo impalpabile su dalla terraferma e dal mare insondabile, su verso il cielo, da dove, in forma labile, totalmente cambiata, eppure la stessa, discendo a bagnare i terreni aridi, scheletrici, le distese di polvere del mondo, e ciò che in essi senza di me sarebbe solo seme, latente, non nato; e sempre, di giorno e di notte, restituisco vita alla mia stessa origine, la faccio pura, la abbellisco; (perché il canto, emerso dal suo luogo natale, dopo il compimento, l’errare, sia che di esso importi o no, debitamente ritorna con amore.)
(Traduzione di Giuseppe Conte)
The Voice of the Rain
And who art thou? said I to the soft-falling shower, Which, strange to tell, gave me an answer, as here translated: I am the Poem of Earth, said the voice of the rain, Eternal I rise impalpable out of the land and the bottomless sea, Upward to heaven, whence, vaguely form’d, altogether changed, and yet the same, I descend to lave the drouths, atomies, dust-layers of the globe, And all that in them without me were seeds only, latent, unborn; And forever, by day and night, I give back life to my own origin, and make pure and beautify it; (For song, issuing from its birth-place, after fulfilment, wandering, Reck’d or unreck’d. duly with love returns.)