La moglie di Lot, da “Grande numero” (1976), Wislawa Szymborska

Guardai indietro, dicono, per curiosità,
ma potevo avere, curiosità a parte, altri motivi.
Guardai indietro rimpiangendo la mia coppa d’argento.
Per distrazione – mentre allacciavo il sandalo.
Per non dover più guardare la nuca proba
di mio marito, Lot.
Per l’improvvisa certezza che se fossi morta
non si sarebbe neppure fermato.
Per la disobbedienza degli umili.
Per tendere l’orecchio agli inseguitori.
Colpita dal silenzio, sperando che Dio ci avesse ripensato.
Le nostre due figlie stavano già sparendo oltre la cima del colle.
Sentii in me la vecchiaia. Il distacco.
La futilità del vagare. Il torpore.
Guardai indietro posando per terra il fagotto.
guardai indietro non sapendo dove mettere il piede.
Sul mio sentiero erano apparsi serpenti,
ragni, topi di campo, piccoli di avvoltoio.
Non più buoni né cattivi – ogni cosa vivente
strisciava e saltava in un panico collettivo, semplicemente.
Guardai indietro per solitudine.
Per la vergogna di fuggire di nascosto.
Per la voglia di gridare, di tornare.
O forse solo quando si alzò il vento
che mi sciolse i capelli e sollevò la veste.
Mi parve che dalle mura di Sodoma lo vedessero
e scoppiassero in risa fragorose più e più volte.
Guardai indietro per l’ira.
Per saziarmi della loro grande rovina.
Guardai indietro per queste ragioni.
Guardai indietro non per mia volontà.
Fu solo una roccia a girarsi, ringhiando sotto di me.
Fu un crepaccio a tagliarmi d’improvviso la strada.
Sul bordo trotterellava un criceto ritto su due zampette.
E fu allora che entrambi ci voltammo a guardare.
No, no. Io continuavo a correre,
mi trascinavo e sollevavo,
finché il buio non piombò dal cielo,
e con esso ghiaia ardente ed uccelli morti.
Mancandomi l’aria, mi rigirai più volte.
Chi mi avesse visto poteva pensare che danzassi.
Non escludo che i miei occhi fossero aperti.
È possibile che sia caduta con il viso rivolto verso la città.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

Lot’s Wife

They say I looked back out of curiosity.
But I could have had other reasons.
I looked back mourning my silver bowl.
Carelessly, while tying my sandal strap.
So I wouldn’t have to keep staring at the righteous nape
of my husband Lot’s neck.
From the sudden conviction that if I dropped dead
he wouldn’t so much as hesitate.
From the disobedience of the meek.
Checking for pursuers.
Struck by the silence, hoping God had changed his mind.
Our two daughters were already vanishing over the hilltop.
I felt age within me. Distance.
The futility of wandering. Torpor.
I looked back setting my bundle down.
I looked back not knowing where to set my foot.
Serpents appeared on my path,
spiders, field mice, baby vultures.
They were neither good nor evil now–every living thing
was simply creeping or hopping along in the mass panic.
I looked back in desolation.
In shame because we had stolen away.
Wanting to cry out, to go home.
Or only when a sudden gust of wind
unbound my hair and lifted up my robe.
It seemed to me that they were watching from the walls of Sodom
and bursting into thunderous laughter again and again.
I looked back in anger.
To savor their terrible fate.
I looked back for all the reasons given above.
I looked back involuntarily.
It was only a rock that turned underfoot, growling at me.
It was a sudden crack that stopped me in my tracks.
A hamster on its hind paws tottered on the edge.
It was then we both glanced back.
No, no. I ran on,
I crept, I flew upward
until darkness fell from the heavens
and with it scorching gravel and dead birds.
I couldn’t breathe and spun around and around.
Anyone who saw me must have thought I was dancing.
It’s not inconceivable that my eyes were open.
It’s possible I fell facing the city.

(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)

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Zurcaroh & Helene Fischer @ Helene Fischer Show 2018 – Song: “Ninkou Latora” from “Cirque Du Soleil”

Canto nel bosco, da “Gli amorosi incanti” (2010), Sara Teasdale

Al crepuscolo un tordo udii fischiare
tre note al bosco, e una stella creare.
All’improvviso il mio cuore angustiato
di lontano tornò, come rinato.

Tre note lacrimose, tre soltanto
con cui compose lo stellato canto.
Ed io mi riappropriai della mia vita
e diedi un bacio ad ogni sua ferita.

(Traduzione di Silvio Raffo)

Wood Song

I heard a wood thrush in the dusk
Twirl three notes and make a star —
My heart that walked with bitterness
Came back from very far.

Three shining notes were all he had,
And yet they made a starry call —
I caught life back against my breast
And kissed it, scars and all.

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Robbie Williams – My Way [HD] Live At Royal Albert Hall, Kensington, London – 2001

Se ricordare fosse dimenticare, Emily Dickinson

Se ricordare fosse dimenticare,
Allora non ricordo,
E se dimenticare, ricordare,
Quant’è vicino ciò che ho dimenticato.
E se perdere, fosse allegro,
E dolersi, fosse gaio,
Davvero gioiose le dita
Che raccolsero questo, oggi!

(Traduzione di Giuseppe Ierolli)

[I versi furono inviati a Samuel Bowles, probabilmente insieme a un fiore.]
Un gioco di contrari per dirci il valore del ricordo e il dolore che ogni perdita, anche quella di un amico temporaneamente lontano, porta con sé.

If recollecting were forgetting

If recollecting were forgetting,
Then I remember not;
And if forgetting, recollecting,
How near I had forgot.
And if to miss were merry,
And if to mourn were gay,
How very blithe the fingers
That gathered this, Today!

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Khatia Buniatishvili: Sérénade (Ständchen), Franz Schubert
Yoann Bourgeois: “La petite fugue”

Alla salute, da “Mentre Buddha sorride” (2015), Charles Bukowski

Le stramaledette formiche hanno marciato fin qui
e stanno entrando nel mio vino.
me lo bevo.

le foto del dio della mia ragazza sono
dappertutto
nel bagno
nel soggiorno
la sua faccia riempie le pareti.
non ha mai parlato di soldi tantomeno ne ha toccati.
è morto 7 o 8 anni fa.
il suo dio.
oggi lei è andata a un ritiro religioso
per venerarlo.
io sono andato all’ippodromo e ho vinto
97$.

stasera lei è andata a un concerto dei
Devo
una specie di gruppo rock o punck
o di musica new wave.
io me ne sto qui seduto a bere vino e formiche.
e continuo a pensare, merda, tutte le donne
che incontro sono semplicemente pazze
una dopo l’altra
sono sempliciotte e pazze:
gambe, bocche, cervelli, natiche,
orecchie, piedi
tutto sprecato
su di loro.

perfino le formiche ne sanno di più.
bevo loro e insieme a
loro.

questa è quella che si chiama una
poesia confessionale.

(Traduzione di Simona Viciani)

Down the hutch

the god-damned ants have come marching here
and are climbing into my wine.
I drink them down.

the photos of my girlfriend’s god are
everywhere:
in the bathroom
in the front room
his face fills the walls.
he never spoke about or touched money.
he died 7 or 8 years ago.
her god.
today she went to a religious retreat
to worship him.
I went to the racetrack and won
$97.

tonight she went to a concert by
Devo
some kind of rock or punk group
or new wave music.
I sit here drinking wine and ants.
and I keep thinking, shit, all the women
I meet are simply crazy
one after the other
they are simple and crazy:
legs, mouths, brains, buttocks,
ears, feet
all wasted
on them.

even the ants know more.
I drink them and with
them.

this is what is called a
confessional poem.

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Rondo Alla Turca (Turkish March) by Wolfgang Amadeus Mozart (K331) played on glass harp by Robert Tiso


L’arpa di vetro, nota anche come “bicchieri musicali”, è uno strumento musicale inventato nel 1741 dall’irlandese Richard Pockrich. Consiste in un set di bicchieri a calice accordati aggiungendo una precisa quantità di acqua e suonati passando le dita inumidite attorno ai bordi. La musica del bicchiere a calice si è evoluta da allora, specialmente con l’invenzione dell’armonica di vetro di Benjamin Franklin. Robert Tiso è uno dei pochi musicisti che si esibiscono attualmente. Il suono magico e affascinante dello strumento è stato apprezzato e acclamato in tutto il mondo in molti tipi di eventi, spettacoli e festival.

Farewell, da “Todo el amor. Antologia personale” (1997), Pablo Neruda

1
Dal fondo di te, e inginocchiato,
un bimbo triste, come me, ci guarda.
Per quella vita che arderà nelle sue vene
dovrebbero legarsi le nostre vite.
Per quelle mani, figlie delle tue mani,
dovrebbero uccidere le mie mani.
Per quegli occhi aperti sulla terra
vedrò un giorno lacrime nei tuoi.
2
Io non voglio, Amata.
Perché nulla ci leghi
che nulla ci unisca.
Né la parola che profumo’ la tua bocca,
né ciò che non dissero le parole.
Né la festa d’amore che non avemmo,
ne i tuoi singhiozzi presso la finestra.
3
(Amo l’amore dei marinai
che baciano e se ne vanno.
Lasciano una promessa.
Non tornano mai più.
In ogni porto una donna attende:
i marinai baciano e se ne vanno.
Una notte si coricano con la morte
nel letto del mare.)
4
Amo l’amore che si distribuisce
in baci, letto e pane.
Amore che puo’ essere eterno
e può essere fugace.
Amore che vuol liberarsi
per tornare ad amare.
Amore divinizzato, che s’avvicina.
Amore divinizzato che se ne va.
5.
Più non s’incanteranno i miei occhi nei tuoi occhi,
più’ non s’addolcirà vicino a te il mio dolore.
Ma dove andrò porterò il il tuo sguardo
e dove camminerai porterai il mio dolore.

Fui tuo, fosti mia. Che più? Insieme facemmo
un angolo nella strada dove l’amore passò.
Fui tuo fosti mia. Tu sarai di colui che t’amerà,
di colui che taglierà nel tuo orto ciò che ho seminato io.
Me ne vado. Sono triste: ma sempre sono triste.
Vengo dalle tue braccia. Non so dove vado.
… Dal tuo cuore un bimbo mi dice addio.
E io gli dico addio.

(Traduzione di Giuseppe Bellini)

Farewell

1

Desde el fondo de ti, y arrodillado,
un niño triste, como yo, nos mira.

Por esa vida que arderá en sus venas
tendrían que amarrarse nuestras vidas.

Por esas manos, hijas de tus manos,
tendrían que matar las manos mías.

Por sus ojos abiertos en la tierra
veré en los tuyos lágrimas un día.

2

Yo no lo quiero, Amada.

Para que nada nos amarre
que no nos una nada.

Ni la palabra que aromó tu boca,
ni lo que no dijeron las palabras.

Ni la fiesta de amor que no tuvimos,
ni tus sollozos junto a la ventana.

3

(Amo el amor de los marineros
que besan y se van.
Dejan una promesa.
No vuelven nunca más.

En cada puerto una mujer espera:
los marineros besan y se van.

Una noche se acuestan con la muerte
en el lecho del mar).

4

Amor el amor que se reparte
en besos, lecho y pan.

Amor que puede ser eterno
y puede ser fugaz.

Amor que quiere libertarse
para volver a amar.

Amor divinizado que se acerca
Amor divinizado que se va.

5

Ya no se encantarán mis ojos en tus ojos,
ya no se endulzará junto a ti mi dolor.

Pero hacia donde vaya llevaré tu mirada
y hacia donde camines llevarás mi dolor.

Fui tuyo, fuiste mía. Qué más? Juntos hicimos
un recodo en la ruta donde el amor pasó.

Fui tuyo, fuiste mía. Tú serás del que te ame,
del que corte en tu huerto lo que he sembrado yo.

Yo me voy. Estoy triste: pero siempre estoy triste.
Vengo desde tus brazos. No sé hacia dónde voy.

…Desde tu corazón me dice adiós un niño.
Y yo le digo adiós.

______________________________

Coldplay – Gravity (Video HD)