18.000 contro uno, da “Sul bere” (2015), Charles Bukowski

è successo durante un reading all’Università dello Utah.
i poeti avevano finito il beveraggio
e mentre uno di loro stava leggendo
io e altri 5 o 6 poeti
siamo saliti in macchina
per andare a un negozio di liquori
ma siamo rimasti bloccati all’uscita
da un mucchio di macchine dirette allo stadio di football.
eravamo l’unica macchina che voleva andare in direzione opposta,
eravamo in trappola: 18.000 contro uno.
abbiamo bloccato una corsia e strombazzavamo.
40 macchine ci hanno risposto strombazzando.
si è avvicinato lo sbirro.
“senta, agente” ho detto. “siamo poeti e abbiamo bisogno di bere.”
“fate inversione ed entrate allo stadio” ha detto
l’agente.
“senta capo, vogliamo bere. non vogliamo vedere la partita di football.
non ce ne frega di chi vince, siamo poeti, teniamo
un reading all’Underwater Poetry Festival
all’Università dello Utah.”
“questo traffico può andare in un’unica direzione” ha detto lo sbirro.
“fate inversione ed entrate allo stadio.”
“senta capo, sono in programma tra 15 minuti, sono Charles Bukowski.
mai ha sentito nominare, vero?”
“fate inversione ed entrate allo stadio.”
“merda” ha detto Kamstra che era al volante,
ed è salito sul marciapiede
e abbiamo attraversato i prati del campus
lasciando impronte di pneumatici profonde tre centimetri.
ero sbronzo e non so per quanto abbiamo viaggiato
o come ci siamo arrivati
ma di colpo eccoci tutti in piedi nel negozio di liquori,
a ordinare vino, vodka, birra, scotch, preso tutto e via.
siamo ritornati, saggiando il liquido acquistato.
siamo saliti sul podio ed abbiamo mollato uno stracazzo
di lettura dritto in faccia
al pubblico.
poi gli abbiamo fatto un culo così e ce ne siamo andati.
e l’UCLA ha vinto la partita di football
finita qualcosa a qualcos’altro.

(Traduzione di Simona Viciani)

Manoscritto del 25 novembre 1974 (seconda stesura), pubblicato nella raccolta What Matters Most Is How Well You Walk Through the Fire, 1999, inedito in Italia.

18,000 to one

It was during a reading at the University of Utah.
the poets had run out of drinks
and while one was reading
5 or 6 of the others of us
got into the car
and drove toward a liquor store
but we were blocked on the road out
by all these cars coming into the football stadium.
we were the only car that wanted to go the other way,
they had us: 18,000 to one.
we blocked one lane and honked.
40 cars honked back.
the cop came up.
“look, officer”, I said. “we’re poets and we need a drink,”
“turn your car around and go into the stadium,” said
the officer.
“look man, we need a drink, we don’t want to see the
football game. we don’t care wo wins, we’re poets, we’re
reading at The Underwater Poetry Festival
at the University of Utah.”
“this taffic can only move one way,” said the cop.
“turn your car around and go into the stadium.”
“”look man, I’m reading in 15 minutes. I’m Charles Bukowski.
you’ve heard of me, haven’t you?”
“turn your car around and go into the stadium.”
“shit,” said Kamstra who was at the wheel,
and he ran the car up over the curbing
and we drove across the campus lawns
leaving tire marks an inch deep.
I was drunk and I don’t know how long we drove
or how we got there
but suddenly we were all standing in a liquor store
and we ordered wine, vodka, beer, scotch, got it and left.
we drove back, sampling our liquids.
we got up there and read the asses right of the
audience.
then we picked up their asses and left.
and UCLA won the football game
something to something.

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Jamie Cullum – Mixtape (Live From Jazz à Vienne)

Destino, da “José Saramago, Le poesie” (2002), José Saramago

Traccio un solco per terra in riva al mare:
e la marea non tarda che lo spiana.
Così è la poesia. La stessa sorte
tocca alla sabbia e tocca alla poesia
al viavai della marea, al vien-vieni della morte.

(Traduzione di Fernanda Toriello)

Destino

Risco no chão um traço, à beira água:
Não tarda que a maré o deixe raso.
Tal e qual o poema. É comum sorte
Que areias e poemas tanto valham
Ao vaivém da maré, vem-vem da morte.

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Teodor Currentzis – Mozart’s Requiem: 3. Dies IraeConcert recorded at Felsenreitschule (Salzburg, Austria), on July 23, 2017

Hanno un sottile profumo…, Emily Dickinson

Hanno un impercettibile Odore – che per me
È metro – ma non solo – è melodia –
E più pungenti nell’estinguersi – indicano –
Il Temperamento – di un Poeta –

(Traduzione di Giuseppe Ierolli)

N.d.T.: Una copia fu inviata a Gertrude Vanderbilt, probabilmente insieme a dei fiori. Ne conosciamo il testo da una trascrizione di Mabel Todd e rispetto a quella riportata sopra, nei fascicoli, ci sono due differenze: “poesy” (“poesia”) al posto di “melody” al verso 2 e “celebrate” (“celebrano”) al posto di “indicate” al verso 3, peraltro presenti come varianti anche nei fascicoli.
In quei probabili fiori possiamo però anche leggere una metafora della poesia: i versi di una poesia lasciano dietro di sé una scia molto simile a un profumo, a un odore che non tutti riescono a percepire, e che diventa a un tempo metro e ritmo, musica e poesia. E se il profumo di quei versi persiste, e anzi aumenta, dopo la morte del loro creatore, allora siamo di fronte a un vero poeta.

They have a little Odor

They have a little Odor – that to me
Is metre – nay – ‘tis melody –
And spiciest at fading – indicate –
A Habit – of a Laureate –

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Yuja Wang: Liszt Piano Concerto No. 1 in E-flat major, S.124 – NDR Elbphilharmonie Orchestra conducted by Alan Gilbert February 27, 2022

Dev’esserci…, da “José Saramago, Le poesie” (2002), José Saramago

Ci dev’essere un colore da scoprire,
un’unione nascosta di parole,
ci dev’essere una chiave per aprire
la porta di questo muro smisurato.

Ci dev’essere un’isola più a sud,
una corda più tesa e risonante,
un altro mare che nuoti un altro azzurro,
un altro tono di voce per cantare.

Poesia tardiva che non riesci a dire
neppure la metà di quel che sai:
non taci quando puoi e non rinneghi
questo corpo casuale in cui non trovi posto.

(Traduzione di Fernanda Toriello)

Há-de haver

Há-de haver uma cor por descobrir,
Um juntar de palavras escondido,
Há de haver uma chave para abrir
A porta deste muro desmedido.

Há-de haver uma ilha mais ao sul,
Uma corda mais tensa e ressoante,
Outro mar que nade noutro azul,
Outra altura de voz que melhor cante.

Poesia tardia que não chegas
A dizer nem metade do que saber:
Não calas, quando podes, nem renegas
Este corpo de acaso em que não cabes.

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Dimash Kudaibergen – S.O.S d’un terrien en détresse / Live dans Les Années Bonheur

Dimash Kudaibergen è un cantante kazako, cantautore e polistrumentista nato ad Aktobe il 24 Maggio 1994. Ha effettuato studi universitari sia in musica classica sia in musica contemporanea; dotato di orecchio assoluto, si distingue per la precisione nell’attacco delle note, la flessibilità nella dinamica e per il suo registro musicale che si estende per sei ottave e cinque semitoni.
Sebbene gli fosse stata offerta una posizione all’Opera di Astana ha preferito una carriera nel panorama musicale contemporaneo, incorporando elementi di musica classica, musica tradizionale kazaka e musica pop.
La definitiva esplosione a livello internazionale la si deve soprattutto alla fortunata partecipazione come ospite straniero al concorso televisivo cinese The Singer 2017, mostrando al mondo intero le sue immense capacità, che saranno definite in seguito dagli esperti stile Crossover (Alien), fin dalla prima puntata dando una nuova vita alla storica canzone francese di Daniel Balavoine “S.O.S. d’un terrien en détresse” definita dai critici una tra le 5 canzoni più difficili al mondo.

(dal sito Dimash Italia)

Mondo splendido, Hermann Hesse

Sempre e poi sempre,
o vecchio o giovane torno a avvertire:
una montagna notturna e al balcone una donna silenziosa,
bianca una strada al chiaro di luna
in lieve pendio
e ciò mi lacera il cuore nel petto atterrito di struggimento.
O mondo ardente,
o tu chiara donna al balcone,
cane che abbai nella valle,
treno lontano che passi,
come mentite, come atroci ingannate me ancora,
e pur tuttavia voi siete sempre il mio sogno e delirio più dolce.
Spesso ho tentato la strada per la tremenda “realtà”
dove hanno valore mode,
assessori, leggi, e denaro,
ma solitario mi sono involato,
deluso e liberato,
verso là dove sogno e beata follia zampilla.
Afoso vento notturno negli alberi,
scura zigana,
mondo ricolmo di nostalgia pazza e profumo di poesia,
mondo splendente,
di cui sono schiavo eternamente,
dove a me guizzano i tuoi bagliori,
dove riecheggia per me la tua voce.

(Traduzione di Patrizio Sanasi)
Testo tedesco “O brennende Welt”di Hermann Hesse, scritto nel 1917, Archivio LiederNet

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Rencontre”, Nicoletta Manni – Roberto Bolle

Pazzi, da “A vela in solitaria intorno alla stanza” (2013), Billy Collins

Dicono che porti iella a una poesia
parlarne prima che sia finita.
Se la lasci andare troppo presto, avvertono,
la tua poesia volerà via,
e questa volta hanno davvero ragione.

Prendi quella sera in cui ti dissi
che volevo scrivere sui pazzi,
come li chiamano sbrigativi i giornali,
che attaccano l’arte, non con recensioni,
ma con coltelli da cucina e martelli
nei tranquilli musei di Praga e Amsterdam.

In verità, sono loro i veri artisti,
dicesti, facendo girare il ghiaccio nel bicchiere.
Il cacciavite è il loro pennello.
Sono i restauratori i veri vandali,
continuasti, facendo rigirare me lentamente,
quelli coi camici bianchi
sempre intenti a chiudere la ferita nel paesaggio
e rovinare l’arte dei pazzi.

Vidi la mia poesia librarsi verso l’ingresso
del bar e lì volteggiare in aria
finché entrò un nuovo cliente –
allora la vidi volar fuori dalla porta nella notte
e far vela, potevo solo immaginarlo,
sopra scuri condomini della città.

Tutto quel che volevo dire
è che anche l’arte è breve,
come può insegnare un rasoio con un taglio alla cieca;
sembra lunga solo se la confronti alla vita,
ma quella notte tornai a casa da solo
senza che nulla dondolasse nella gabbia del mio cuore
se non la debole speranza di cogliere
nel ventaglio dei fanali
un barlume della cosa,
forse appollaiato su un cartello stradale o un lampione –
povero uccello non scritto, con le ali ripiegate,
che mi fissa dall’alto, coi suoi piccoli occhi illuminati.

(Traduzione di Franco Nasi)

Madmen

They say you can jinx a poem
if you talk about it before it is done.
If you let it out too early, they warn,
your poem will fly away,
and this time they are absolutely right.

Take the night I mentioned to you
I wanted to write about the madmen,
as the newspapers so blithely call them,
who attack art, not in reviews,
but with breadknives and hammers
in the quiet museums of Prague and Amsterdam.

Actually, they are the real artists,
you said, spinning the ice in your glass.
The screwdriver is their brush.
The real vandals are the restorers,
you went on, slowly turning me upside-down,
the ones in the white doctor’s smocks
who close the wound in the landscape,
and thus ruin the true art of the mad.

I watched my poem fly down to the front
of the bar and hover there
until the next customer walked in–
then I watched it fly out the open door into the night
and sail away, I could only imagine,
over the dark tenements of the city.

All I had wished to say
was that art was also short,
as a razor can teach with a slash or two,
that it only seems long compared to life,
but that night, I drove home alone
with nothing swinging in the cage of my heart
except the faint hope that I might
catch a glimpse of the thing
in the fan of my headlights,
maybe perched on a road sign or a street lamp,
poor unwritten bird, its wings folded,
staring down at me with tiny illuminated eyes.

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CRAZY Bach Double Violin Concerto Encore
Ray Chen and his conductor friends Diego Matheuz and Christian Vasquez

Metamorfosi della casa, Eugénio de Andrade

Si innalza aerea pietra dopo pietra
la casa che solo possiedo nella poesia.

La casa dorme, sogna nel vento
la delizia improvvisa di essere albero.

Come sussulta un busto delicato,
così una casa, così una barca.

Un gabbiano passa e un altro e un altro,
la casa non resiste: anch’essa vola.

Ah, un giorno la casa sarà bosco,
alla sua ombra incontrerò la fonte
dove un rumore d’acqua è solo silenzio.

(Traduzione di Mariangela Semprevivo)

Metamorfoses da casa

Ergue-se aérea pedra a pedra
a casa que só tenho no poema.

A casa dorme, sonha no vento
a delícia súbita de ser mastro.

Como estremece um torso delicado,
assim a casa, assim um barco.

Uma gaivota passa e outra e outra,
a casa não resiste: também voa.

Ah, um dia a casa será bosque,
à sua sombra encontrarei a fonte
onde um rumor de água é só silêncio.

Metamorphosis of the house

Stone by airy stone it rises,
that house which only in a poem is mine.

It sleeps, the house, dreaming as winds blow
the sudden delight of being mast and prow.

As a delicate body shivers,
so too the house, so too a ship.

A seagull flies by and another and another,
the house cannot resist: it begins to hover.

Ah, one day that house will turn to forest,
and in its shadow I will find a spring
where only silence comes from water’s murmuring.

From: Forbidden Words, Selected Poetry of Eugénio de Andrade
Translated by Alexis Levitin

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Yuja Wang – Rachmaninov: Prelude in G Minor, Op. 23, No. 5 (Live at Philharmonie, Berlin / 2018)

Sonetto americano, da “A vela in solitaria intorno alla stanza” (2013), Billy Collins

Non parliamo come Petrarca né portiamo un cappello come Spenser
e non sono quattordici versi
come solchi in un campicello arato con cura,

ma è la cartolina, una poesia sulla vacanza,
che ci costringe a cantare le nostre canzoni in piccole stanze,
o a versare i nostri sentimenti in misurini.

Scriviamo sul retro di laghi o cascate,
e aggiungiamo al paesaggio una didascalia convenzionale
come gli occhi eliocentrici di una donna elisabettiana.

Localizziamo un aggettivo per il tempo.
Annunciamo che ci stiamo divertendo un mondo.
Esprimiamo il desiderio che tu sia qui

e nascondiamo il desiderio di essere dove sei tu,
che vai verso casa dalla cassetta postale, la testa abbassata,
leggendo e rigirando fra le mani il messaggio sottile.

Una fetta di questo posto, un tratto di spiaggia bianca,
una piazza o le guglie scolpite di una cattedrale
si insinueranno nel luogo familiare in cui sei,

e lancerai sulla tavola questo campione a due facce:
qualche centimetro quadrato di dove siamo capitati,
e un condensato di quel che sentiamo.

(Traduzione di Franco Nasi)

American Sonnet

We do not speak like Petrarch or wear a hat like Spenser
and it is not fourteen lines
like furrows in a small, carefully plowed field

bu the picture postcard, a poem on vacation,
that forces us to sing our songs in little rooms
or pour our sentiments into measuring cups.

We write on the back of a waterfall or lake,
adding to the view a caption as conventional
as an Elizabethan woman’s heliocentric eyes.

We locate an adjective for the weather.
We announce that we are having a wonderful time.
We express the wish that you were here

and hide the wish that we were where you are,
walking back from the mailbox, your head lowered
as you read and turn the thing message in your hands.

A slice of this place, a length of white beach,
a piazza or carved spires of a cathedral
will pierce the familiar place where you remain,

and you will toss on the table this reversible display:
a few square inches of where we have strayed
and a compression of what we feel.

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Hauser & Caroline Campbell: Torna a Surriento
Gala Concert at Arena Pula 2018

La poesia non va, da “Dal mare o da altra stella” (2006), Eugénio De Andrade

La poesia non va a messa,
non obbedisce alla campana della parrocchia,
preferisce aizzare i suoi cani
alle gambe di dio e degli esattori
delle tasse.
Lingua di fuoco del no,
cammino stretto
e sordo della rinuncia, la poesia
è una specie di animale
al buio che rifiuta la mano
che lo chiama.
Animale solitario, a volte
ironico, a volte amabile,
quasi sempre paziente e senza pietà.
La poesia adora
camminare scalza sulle sabbie dell’estate.

(Traduzione di Federico Bertolazzi)

A poesia não vai

A poesia não vai à missa,
não obedece ao sino da paróquia,
prefere atiçar os seus cães
às pernas de deus e dos cobradores
de impostos.
Língua de fogo do não,
caminho estreito
e surdo da abdicação, a poesia
é uma espécie de animal
no escuro recusando a mão
que o chama.
Animal solitário, às vezes
irónico, às vezes amável,
quase sempre paciente e sem piedade.
A poesia adora
andar descalça nas areias do Verão.

Ieri è storia, Emily Dickinson

Ieri è Storia,
È così remoto –
Ieri è Poesia –
è Filosofia –

Ieri è mistero –
Dove sia Oggi
Mentre acutamente speculiamo
Entrambi volano via

(Traduzione di Giuseppe Ierolli)

Yesterday is History

Yesterday is History,
‘Tis so far away –
Yesterday is Poetry –
‘tis Philosophy –

Yesterday is mystery –
Where it is Today
While we shrewdly speculate
Flutter both away