Traccio un solco per terra in riva al mare: e la marea non tarda che lo spiana. Così è la poesia. La stessa sorte tocca alla sabbia e tocca alla poesia al viavai della marea, al vien-vieni della morte.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
Destino
Risco no chão um traço, à beira água: Não tarda que a maré o deixe raso. Tal e qual o poema. É comum sorte Que areias e poemas tanto valham Ao vaivém da maré, vem-vem da morte.
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Teodor Currentzis – Mozart’s Requiem: 3. Dies Irae – Concert recorded at Felsenreitschule (Salzburg, Austria), on July 23, 2017
In che lingua si dice, in che nazione, in che altra umanità s’è mai imparato la parola che metta ordine nel caos che in questo turbinio s’è formato? Che sussurro di vento, che dorato canto d’uccello su alti rami posato può dire, con suoni, le cose che, tacendo, nel silenzio degli occhi confessiamo?
(Traduzione di Fernanda Toriello)
No silêncio dos olhos
Em que língua se diz, em que nação, Em que outra humanidade se aprendeu A palavra que ordene a confusão Que neste remoinho se teceu? Que murmúrio de vento, que dourados Cantos de ave pousada em altos ramos Dirão, em som, as coisas que, calados, No silêncio dos olhos confessamos?
José Saramago Os Poemas Possíveis Lisboa, Caminho, 1999
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Brahms Waltz Op 39 No.15 Beatrice Rana, Yannick Nézet-Séguin (Conductor)
Ci dev’essere un colore da scoprire, un’unione nascosta di parole, ci dev’essere una chiave per aprire la porta di questo muro smisurato.
Ci dev’essere un’isola più a sud, una corda più tesa e risonante, un altro mare che nuoti un altro azzurro, un altro tono di voce per cantare.
Poesia tardiva che non riesci a dire neppure la metà di quel che sai: non taci quando puoi e non rinneghi questo corpo casuale in cui non trovi posto.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
Há-de haver
Há-de haver uma cor por descobrir, Um juntar de palavras escondido, Há de haver uma chave para abrir A porta deste muro desmedido.
Há-de haver uma ilha mais ao sul, Uma corda mais tensa e ressoante, Outro mar que nade noutro azul, Outra altura de voz que melhor cante.
Poesia tardia que não chegas A dizer nem metade do que saber: Não calas, quando podes, nem renegas Este corpo de acaso em que não cabes.
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Dimash Kudaibergen – S.O.S d’un terrien en détresse / Live dans Les Années Bonheur
Dimash Kudaibergen è un cantante kazako, cantautore e polistrumentista nato ad Aktobe il 24 Maggio 1994. Ha effettuato studi universitari sia in musica classica sia in musica contemporanea; dotato di orecchio assoluto, si distingue per la precisione nell’attacco delle note, la flessibilità nella dinamica e per il suo registro musicale che si estende per sei ottave e cinque semitoni. Sebbene gli fosse stata offerta una posizione all’Opera di Astana ha preferito una carriera nel panorama musicale contemporaneo, incorporando elementi di musica classica, musica tradizionale kazaka e musica pop. La definitiva esplosione a livello internazionale la si deve soprattutto alla fortunata partecipazione come ospite straniero al concorso televisivo cinese The Singer 2017, mostrando al mondo intero le sue immense capacità, che saranno definite in seguito dagli esperti stile Crossover (Alien), fin dalla prima puntata dando una nuova vita alla storica canzone francese di Daniel Balavoine “S.O.S. d’un terrien en détresse” definita dai critici una tra le 5 canzoni più difficili al mondo. (dal sito Dimash Italia)
Qui nel cuore, forse, o per meglio dire: una ferita inferta col coltello, da cui sfugge la vita, sperperata, in piena coscienza ci ferisce. Il desiderare, il volere, il non bastare, disillusa ricerca del motivo che spieghi il nostro esistere casuale, questo è che duole, forse qui nel cuore.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
No coração, talvez
No coração, talvez, ou diga antes: Uma ferida rasgada de navalha, Por onde vai a vida, tão mal gasta. Na total consciência nos retalha. O desejar, o querer, o não bastar, Enganada procura da razão Que o acaso de sermos justifique, Eis o que dói, talvez no coração.
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Martha Argerich, Theodosia Ntokou – Beethoven: Symphony No. 6 in F Major, Op. 68, “Pastoral”: I.
La Sesta sinfonia di Beethoven detta Pastorale è ben introdotta dalla seguente citazione dell’autore: “Quanta gioia mi dà il camminare tra gli arbusti, gli alberi, i boschi, l’erbe e le rocce”.
Se non ho altra voce per sdoppiare in echi d’altri suoni il mio silenzio, parlerò, parlerò, finché non esca la parola nascosta di ciò che penso.
E la dirò, sfinito, tra deviazioni di freccia che avvelena anche se stessa, o altro mare addensato di vascelli dove il braccio annegato ci fa cenno.
E spingerò in fondo una radice se la pietra miliare la via sbarra, e lancerò in alto quanto dice che più albero è il tronco che è più solo.
E lei dirà, parola ora scoperta, tutti i detti del vivere consueto: quest’ora che sconforta e che conforta, il non vedere, il non avere, il quasi essere.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
Se não tenho outra voz…
Se não tenho outra voz que me desdobre Em ecos doutros sons este silêncio, É falar, ir falando, até que sobre A palavra escondida do que penso.
É dizê-la, quebrado, entre desvios De flecha que a si mesma se envenena, Ou mar alto coalhado de navios Onde o braço afogado nos acena.
É forçar para o fundo uma raiz Quando a pedra cabal corta caminho É lançar para cima quanto diz Que mais árvore é o tronco mais sozinho.
Ela dirá, palavra descoberta, Os ditos do costume de viver: Esta hora que aperta e desaperta, O não ver, o não ter, o quase ser.
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Nothing Else Matters – Metallica – William Joseph feels the Rain
In me ti perdo, notturna apparizione, nel bosco degl’inganni, nell’assenza, nel nebbioso grigiore della distanza, nel lungo corridoio di porte finte.
Dal tutto si fa il nulla, e questo nulla di un corpo vivo subito si popola, come le isole che fluttuano nel sogno, brumose, nella memoria ritornata.
In me ti perdo, dico, quando la notte sulla mia bocca colloca il sigillo dell’enigma che, detto, si rianima e si avvolge nei fumi del segreto.
Nei giri e nei rigiri che m’adombrano, nell’andare a tentoni a occhi aperti, qual è del labirinto il portone, dove il raggio di sole, i passi certi?
In me ti perdo, insisto, in me ti sfuggo, in me cristalli fondono e s’infrangono, ma quando il corpo cede per stanchezza in te mi vinco e salvo, in te mi trovo.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
Labirinto
Em mim te perco, aparição nocturna, Neste bosque de enganos, nesta ausência, Na cinza nevoenta da distância, No longo corredor de portas falsas.
De tudo se faz nada, e esse nada De um corpo vivo logo se povoa, Como as ilhas do sonho que flutuam, Brumosas, na memória regressada.
Em mim te perco, digo, quando a noite Vem sobre a boca colocar o selo Do enigma que, dito, ressuscita E se envolve nos fumos do segredo.
Nas voltas e revoltas que me ensombram, No cego tactear de olhos abertos, Qual é do labirinto a porta máxima, Onde a réstia de sol, os passos certos?
Em mim te perco, insisto, em mim te fujo, Em mim cristais se fundem, se estilhaçam, Mas quando o corpo quebra de cansado Em ti me venço e salvo, me encontro em ti.
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Khatia Buniatishvili’s new music video for “La Javanaise” by Serge Gainsbourg from her album “Labyrinth.” – October 9, 2020