Sbirciando alle mie spalle, verso il passato,
mi accorgo che il numero di studenti a cui ho insegnato
è sufficiente a popolare una piccola città.
Riesco a vederla ben disposta in un paesaggio di carta,
con la polvere del gesso che cade d’inverno,
e le notti nere come lavagne.
La popolazione invecchia ma non si laurea mai.
Nei pomeriggi caldi sudano nel parco per il test finale
e quando fa freddo tremano attorno alle stufe
mentre leggono ad alta voce tesine senza capo né coda.
All’ora suona la campanella e tutti se ne vanno zigzagando
per le strade con i libri.
Ho dimenticato, in ordine alfabetico,
prima tutti i cognomi e poi tutti i nomi.
Ma il ragazzo che aveva sempre la mano alzata
è consigliere comunale e proprietario di una merceria.
La ragazza che firmava i compiti con il rossetto
è appoggiata al muro della farmacia, fuma,
si pettina come un automa.
Hanno i voti cuciti sui vestiti
come tante citazioni di Hawthorne.
Gli A vanno in giro assieme ad altri A.
I D suonano il clacson quando passa un altro D.
Tutti gli studenti di scrittura creativa si sdraiano
sul pratino del tribunale e suonano il liuto.
Dovunque vadano formano un grande cerchio.
Va da sé, io sono il sindaco.
Vivo nella casa bianca coloniale fra Maple e Main.
La lascio di rado. L’auto si sgonfia
nel vialetto. I rampicanti si attorcigliano attorno al dondolo del portico.
Ogni tanto uno studente bussa alla porta
con una tesina da consegnare quindici anni prima
o con una domanda su Yates o sull’interlinea doppia.
E a volte compare qualcuno alla finestra
che mi guarda mentre faccio lezione alla carta da parati,
interrogo il lampadario, rimprovero l’aria.
(Traduzione di Franco Nasi)
Schoolsville
Glancing over my shoulder at the past,
I realize the number of students I have taught
is enough to populate a small town.
I can see it nestled in a paper landscape,
chalk dust flurrying down in winter,
nights dark as a blackboard.
The population ages but never graduates.
On hot afternoons they sweat the final in the park
and when it’s cold they shiver around stoves
reading disorganized essays out loud.
A bell rings on the hour and everybody zigzags
into the streets with their books.
I forgot all their last names first and their
first names last in alphabetical order.
But the boy who always had his hand up
is an alderman and owns the haberdashery.
The girl who signed her papers in lipstick
leans against the drugstore, smoking,
brushing her hair like a machine.
Their grades are sewn into their clothes
like references to Hawthorne.
The A’s stroll along with other A’s.
The D’s honk whenever they pass another D.
All the creative-writing students recline
on the courthouse lawn and play the lute.
Wherever they go, they form a big circle.
Needless to say, I am the mayor.
I live in the white colonial at Maple and Main.
I rarely leave the house. The car deflates
in the driveway. Vines twirl around the porch swing.
Once in a while a student knocks on the door
with a term paper fifteen years late
or a question about Yeats or double-spacing.
And sometimes one will appear in a windowpane
to watch me lecturing the wallpaper,
quizzing the chandelier, reprimanding the air.
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Incredible high school musicians from Venezuela! | Gustavo Dudamel (19 feb 2009)
Shostakovich: Symphony No. 10, 2nd movement
Arturo Márquez: Danzón No. 2 (6:46)
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Billy Collins (poeta ed ex insegnante di Letteratura Inglese al Lehman College nel Bronx) in questa poesia franca e sincera ricorda episodi interessanti della vita di un insegnante in tono umoristico ma anche nostalgico e contrasta lo stereotipo secondo cui il lavoro dell’insegnante è gravoso e serio.
Descrivendo il mondo di “Schoolsville” con episodi a volte divertenti a volte tristi, cattura l’immaginazione del lettore. Leggendo poi tra le righe, è chiaro che l’autore considera il lavoro dell’insegnante molto importante.
La riflessione che ne deriva è che questa professione non può essere temporanea: l’insegnante sceglie la sua strada una volta per tutte.