L’alba corre per entrambi – l’est – il suo convegno pupureo mantiene con la collina – il mezzodì svolge il suo blu finché una sola ampiezza copre due – remotissimi –
né la notte dimentica di accendere – una lampada per ciascuno su lucignoli lontanissimi – il nord – il suo segno ardente innalza nello iodio – finché entrambi – possono vederlo –
le braccia tenebrose della mezzanotte stringono emisferi, e case e così uno – sul suo petto e una sul suo orlo – entrambi dormono –
(Traduzione di Massimo Bacigalupo)
I due sono a distanze remote l’uno dall’altra, tanto che anche le ore sono per loro diverse, quando l’uno giace nel cuore della notte l’altra giace al bordo della stessa notte. Ma la natura riesce in qualche modo a riunirli, sia perché vedono allo stesso modo le albe, i tramonti, i giorni, le notti, sia perché il mezzogiorno si estende a tale ampiezza da comprenderli entrambi, così come il settentrione rifulge nell’ardente segno dell’aurora boreale, visibile a tutt’e due.
The Sunrise runs for Both
The Sunrise runs for Both – The East – Her Purple Troth Keeps with the Hill – The Noon unwinds Her Blue Till One Breadth cover Two – Remotest – still –
Nor does the Night forget A Lamp for Each – to set – Wicks wide away – The North – Her blazing Sign Erects in Iodine – Till Both – can see –
The Midnight’s Dusky Arms Clasp Hemispheres, and Homes And so Upon Her Bosom – One – And One upon Her Hem – Both lie –
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Energica, abile e spiritosa esecuzione di “Bolero” di Ravel in arrangiamento per due pianoforti di Francesco Tristano – Alice Sara Ott e Francesco Tristano eseguono un concerto mozzafiato, in cui entrambi i pianoforti prendono il posto di un’orchestra al completo e tutti i suoi colori tonali. Questa registrazione è stata effettuata il 16 aprile 2015, nell’ambito dell’Heidelberger Frühling (DE), un rinomato festival di musica classica contemporanea.
Dio parla a ciascuno solamente prima ch’egli sia creato, e con lui esce poi tacendo dalla notte. Ma le parole, quelle prima dell’inizio di ciascuno, le parole come nubi, sono queste:
Sospinto dal tuo intendere, va’ fino al limite del tuo anelare; dai a me una veste.
Dietro alle cose come incendio, fatti grande, sicché le loro ombre, diffuse, coprano sempre me completamente.
Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore. Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano. Non lasciare che da me tu sia diviso. Vicina è la terra, che vita è chiamata. La riconoscerai dalla sua solennità.
A me da’ la tua mano.
(Traduzione di Lorenzo Gobbi)
Laß dir Alles geschehn
Gott spricht zu jedem nur, eh er ihn macht, dann geht er schweigend mit ihm aus der Nacht. Aber die Worte, eh jeder beginnt, diese wolkigen Worte, sind:
Von deinen Sinnen hinausgesandt, geh bis an deiner Sehnsucht Rand; gieb mir Gewand.
Hinter den Dingen wachse als Brand, daß ihre Schatten, ausgespannt, immer mich ganz bedecken.
Laß dir Alles geschehn: Schönheit und Schrecken. Man muß nur gehn: Kein Gefühl ist das fernste. Laß dich von mir nicht trennen. Nah ist das Land, das sie das Leben nennen.
Du wirst es erkennen an seinem Ernste.
Gieb mir die Hand.
Let Everything Happen
God speaks to each of us as he makes us, then walks with us silently out of the night.
These are the words we dimly hear:
You, sent out beyond your recall, go to the limits of your longing. Embody me.
Flare up like flame and make big shadows I can move in.
Let everything happen to you: beauty and terror. Just keep going. No feeling is final. Don’t let yourself lose me.
Nearby is the country they call life. You will know it by its seriousness.
Give me your hand.
(Translated from German by Anita Barrows and Joanna Macy)
Sono uscita di notte, da sola; Il sangue giovane che scorreva al di là del mare Sembrava aver infradiciato le ali del mio spirito – Duramente sopportavo il mio dolore.
Ma quando ho sollevato la testa Dalle ombre tremanti sulla neve, Ho visto Orione, verso est, Brillare costante come un tempo.
Dalle finestre della casa di mio padre, Sognando i miei sogni nelle notti d’inverno, Guardavo Orione quand’ero bambina Al di sopra delle luci di un’altra città.
Passano gli anni, passano i sogni, passa anche la giovinezza Il cuore del mondo sotto il peso delle sue guerre si spezza, Tutto è cambiato, tranne, verso est, La fedele bellezza delle stelle.
Winter Stars
I went out at night alone; The young blood flowing beyond the sea Seemed to have drenched my spirit’s wings— I bore my sorrow heavily.
But when I lifted up my head From shadows shaken on the snow, I saw Orion in the east Burn steadily as long ago.
From windows in my father’s house, Dreaming my dreams on winter nights, I watched Orion as a girl Above another city’s lights.
Years go, dreams go, and youth goes too, The world’s heart breaks beneath its wars, All things are changed, save in the east The faithful beauty of the stars.
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Dutch harpist and composer Remy van Kesteren performs Nils Frahm’s “Hammers” from his album “Tomorrow Eyes” live at Yellow Lounge in Berlin, April 2019
In me ti perdo, notturna apparizione, nel bosco degl’inganni, nell’assenza, nel nebbioso grigiore della distanza, nel lungo corridoio di porte finte.
Dal tutto si fa il nulla, e questo nulla di un corpo vivo subito si popola, come le isole che fluttuano nel sogno, brumose, nella memoria ritornata.
In me ti perdo, dico, quando la notte sulla mia bocca colloca il sigillo dell’enigma che, detto, si rianima e si avvolge nei fumi del segreto.
Nei giri e nei rigiri che m’adombrano, nell’andare a tentoni a occhi aperti, qual è del labirinto il portone, dove il raggio di sole, i passi certi?
In me ti perdo, insisto, in me ti sfuggo, in me cristalli fondono e s’infrangono, ma quando il corpo cede per stanchezza in te mi vinco e salvo, in te mi trovo.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
Labirinto
Em mim te perco, aparição nocturna, Neste bosque de enganos, nesta ausência, Na cinza nevoenta da distância, No longo corredor de portas falsas.
De tudo se faz nada, e esse nada De um corpo vivo logo se povoa, Como as ilhas do sonho que flutuam, Brumosas, na memória regressada.
Em mim te perco, digo, quando a noite Vem sobre a boca colocar o selo Do enigma que, dito, ressuscita E se envolve nos fumos do segredo.
Nas voltas e revoltas que me ensombram, No cego tactear de olhos abertos, Qual é do labirinto a porta máxima, Onde a réstia de sol, os passos certos?
Em mim te perco, insisto, em mim te fujo, Em mim cristais se fundem, se estilhaçam, Mas quando o corpo quebra de cansado Em ti me venço e salvo, me encontro em ti.
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Khatia Buniatishvili’s new music video for “La Javanaise” by Serge Gainsbourg from her album “Labyrinth.” – October 9, 2020
D’inverno due specie di campi sulle colline verso Prosser: campi di grano novello, verde, le marze che di notte vengono fuori dalla terra arata e aspettano e poi salgono ancora, e germogliano. Le anatre amano questo grano verde. Anch’io ne ho mangiato una volta, per provare.
Poi campi di stoppie di grano fino al fiume. Sono i campi che hanno perso tutto. Di notte cercano di ricordare la loro giovinezza, ma il loro respiro è lento e irregolare, mentre le loro vite affondano nei solchi oscuri. Le anatre amano anche questo grano sbriciolato. Ci muoiono, per quello.
Tutto però è scordato, tutto o quasi, prima piuttosto che poi, se Dio vuole – padri e amici, ognuno attraversa la tua vita dentro e poi fuori; per un poco ci sono donne, poi via, e i campi volgono le spalle, svaniscono nella pioggia. Tutto passa, non Prosser.
Quelle notti, ritornando fra miglia di campi di grano – i fari rastrellavano i campi a ogni curva – Prosser, quel paese, brillava appena giunti sulle colline; il rantolo del radiatore, noi stanchi morti, odore di polvere da sparo ancora sulle dita: a stento posso vederlo, lui, mio padre: dà un’occhiata dal parabrezza di quella vettura e dice: Prosser.
(Traduzione di Riccardo Duranti e Francesco Durante)
Prosser
In winter two kinds of fields on the hills outside Prosser: fields of new green wheat, the slips rising overnight out of the plowed ground, and waiting, and then rising again, and budding. Geese love this green wheat. I ate some of it once too, to see.
And wheat stubble-fields that reach to the river. These are the fields that have lost everything. At night they try to recall their youth, but their breathing is slow and irregular as their life sinks into dark furrows. Geese love this shattered wheat also. They will die for it.
But everything is forgotten, nearly everything, and sooner rather than later, please God— fathers, friends, they pass into your life and out again, a few women stay a while, then go, and the fields turn their backs, disappear in rain. Everything goes, but Prosser.
Those nights driving back through miles of wheat fields— headlamps raking the fields on the curves— Prosser, that town, shining as we break over hills, heater rattling, tired through to bone, the smell of gunpowder on our fingers still: I can barely see him, my father, squinting through the windshield of that cab, saying, Prosser.
E tu chi sei? chiesi alla pioggia che scendeva dolce, e che, strano a dirsi, mi rispose, come traduco di seguito: sono il Poema della Terra, disse la voce della pioggia, eterna mi sollevo impalpabile su dalla terraferma e dal mare insondabile, su verso il cielo, da dove, in forma labile, totalmente cambiata, eppure la stessa, discendo a bagnare i terreni aridi, scheletrici, le distese di polvere del mondo, e ciò che in essi senza di me sarebbe solo seme, latente, non nato; e sempre, di giorno e di notte, restituisco vita alla mia stessa origine, la faccio pura, la abbellisco; (perché il canto, emerso dal suo luogo natale, dopo il compimento, l’errare, sia che di esso importi o no, debitamente ritorna con amore.)
(Traduzione di Giuseppe Conte)
The Voice of the Rain
And who art thou? said I to the soft-falling shower, Which, strange to tell, gave me an answer, as here translated: I am the Poem of Earth, said the voice of the rain, Eternal I rise impalpable out of the land and the bottomless sea, Upward to heaven, whence, vaguely form’d, altogether changed, and yet the same, I descend to lave the drouths, atomies, dust-layers of the globe, And all that in them without me were seeds only, latent, unborn; And forever, by day and night, I give back life to my own origin, and make pure and beautify it; (For song, issuing from its birth-place, after fulfilment, wandering, Reck’d or unreck’d. duly with love returns.)
Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’aria, ma non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa, la lancia che sgrani, l’acqua che d’improvviso scoppia nella tua gioia, la repentina onda d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d’aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita.
Amore mio, nell’ora più oscura sgrana il tuo sorriso, e se d’improvviso vedi che il mio sangue macchia le pietre della strada, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie mani come una spada fresca.
Vicino al mare, d’autunno, il tuo riso deve innalzare la sua cascata di spuma, e in primavera, amore, voglio il tuo riso come il fiore che attendevo, il fiore azzurro, la rosa della mia patria sonora.
Riditela della notte, del giorno, della luna, riditela delle strade contorte dell’isola, riditela di questo rozzo ragazzo che ti ama, ma quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando i miei passi vanno, quando tornano i miei passi, negami il pane, l’aria, la luce, la primavera, ma il tuo sorriso mai, perché io ne morrei.
(Traduzione di Giuseppe Bellini)
Tu risa
Quítame el pan si quieres quítame el aire, pero no me quites tu risa.
No me quites la rosa, la lanza que desgranas, el agua que de pronto estalla en tu alegría, la repentina ola de planta que te nace.
Mi lucha es dura y vuelvo con los ojos cansados a veces de haber visto la tierra que no cambia, pero al entrar tu risa sube al cielo buscándome y abre para mí todas las puertas de la vida.
Amor mío, en la hora más oscura desgrana tu risa, y si de pronto ves que mi sangre mancha las piedras de la calle, ríe, porque tu risa será para mis manos como una espada fresca.
Junto al mar en otoño, tu risa debe alzar su cascada de espuma, y en primavera, amor, quiero tu risa como la flor que yo esperaba, la flor azul, la rosa de mi patria sonora.
Ríete de la noche, del día, de la luna, ríete de las calles torcidas de la isla, ríete de este torpe muchacho que te quiere, pero cuando yo abro los ojos y los cierro, cuando mis pasos van, cuando vuelven mis pasos, niégame el pan, el aire, la luz, la primavera, pero tu risa nunca porque me moriría.
Your Laughter
Take bread away from me, if you wish, take air away, but do not take from me your laughter.
Do not take away the rose, the lance flower that you pluck, the water that suddenly bursts forth in joy, the sudden wave of silver born in you.
My struggle is harsh and I come back with eyes tired at times from having seen the unchanging earth, but when your laughter enters it rises to the sky seeking me and it opens for me all the doors of life.
My love, in the darkest hour your laughter opens, and if suddenly you see my blood staining the stones of the street, laugh, because your laughter will be for my hands like a fresh sword.
Next to the sea in the autumn, your laughter must raise its foamy cascade, and in the spring, love, I want your laughter like the flower I was waiting for, the blue flower, the rose of my echoing country.
Laugh at the night, at the day, at the moon, laugh at the twisted streets of the island, laugh at this clumsy boy who loves you, but when I open my eyes and close them, when my steps go, when my steps return, deny me bread, air, light, spring, but never your laughter for I would die.
(Translated by Stephen Tapscott)
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Helene Fischer – Wenn Du lachst (Live – Die Arena-Tournee)
Cirque du Soleil Eventi ha collaborato con Helene Fischer, una delle più celebri cantanti tedesche, per fornire servizi completi di spettacolo di progettazione per “Helene Fischer tour 2017/2018” che ha debuttato il 12 settembre 2017 ad Hannover. Il team ha creato un concept originale che celebra Helene Fischer, riunendo il successo della sua musica con l’esperienza dell’intrattenimento dal vivo e le capacità creative del Cirque du Soleil, per creare un’esperienza indimenticabile per i suoi fan. L’abito d’acqua Indubbiamente uno dei costumi più belli di Helene Fischer è un vestito fatto di vera acqua corrente. Per ottenere questo effetto unico, l’ascensore sotto il palco è dotato di serbatoi d’acqua per raccoglierla mentre precipita. È un’opera d’arte originale e un momento incantevole dello spettacolo.
Sulla neve alte le stelle – dietro una stella che a occidente brilla un pianeta lento oscilla – tu cerca il bello – cerca, e lo troverai: non è lontano, non lo sarà mai.
(Traduzione di Silvio Raffo)
Night
Stars over snow, And in the west a planet Swinging low below a star— Look for a lovely thing and you will find it, It is not far— It never will be far.