Per essere grande, sii intero: niente di te esagera o escludi. Sii completo in ogni cosa. Poni quanto sei nel minimo che fai. Così in ogni lago la luna intera splende, perché alta vive.
14-2-1933 Fernando Pessoa, da Odi e poesie di Ricardo Reis, in Un’affollata solitudine – Poesie eteronime, a cura di Pietro Ceccucci, Bur, 2012
Para ser grande, sê inteiro…
Para ser grande, sê inteiro: nada Teu exagera ou exclui. Sê todo em cada coisa. Põe quanto és No mínimo que fazes. Assim em cada lago a lua toda Brilha, porque alta vive.
To be great, be whole
To be great, be whole; exclude Nothing, exaggerate nothing that is you. Be whole in everything. Put all you are Into the smallest thing you do. The whole moon gleams in every pool, It rides so high.
From “Poems of Fernando Pessoa,” translated and edited by Edwin Honig and Susan M. Brown
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Alexandre Kantorow plays Rachmaninov’s Sonata No. 1 in D Minor, Op. 28 – Verbier Festival 2021
Sempre e poi sempre, o vecchio o giovane torno a avvertire: una montagna notturna e al balcone una donna silenziosa, bianca una strada al chiaro di luna in lieve pendio e ciò mi lacera il cuore nel petto atterrito di struggimento. O mondo ardente, o tu chiara donna al balcone, cane che abbai nella valle, treno lontano che passi, come mentite, come atroci ingannate me ancora, e pur tuttavia voi siete sempre il mio sogno e delirio più dolce. Spesso ho tentato la strada per la tremenda “realtà” dove hanno valore mode, assessori, leggi, e denaro, ma solitario mi sono involato, deluso e liberato, verso là dove sogno e beata follia zampilla. Afoso vento notturno negli alberi, scura zigana, mondo ricolmo di nostalgia pazza e profumo di poesia, mondo splendente, di cui sono schiavo eternamente, dove a me guizzano i tuoi bagliori, dove riecheggia per me la tua voce.
(Traduzione di Patrizio Sanasi) Testo tedesco “O brennende Welt”di Hermann Hesse, scritto nel 1917, Archivio LiederNet
Il gatto andava di qua e di là e la luna girava in tondo come una trottola, e il congiunto più stretto della luna, il gatto a passi lenti, guardava in su. Nero, Minnaloushe, fissava la luna, ché a lui, che pur vagolava lagnoso, la luce fredda e pura nel cielo agitava quel sangue di animale. Minnaloushe corre nell’erba alzando i piedi delicati. Che fai, danzi, Minnaloushe, danzi? Quando due congiunti stretti si incontrano, cosa c’è di meglio che indire una danza? Magari la luna può imparare, stanca di quel modo cerimonioso, un nuovo giro di danza: Va, Minnaloushe, furtivo per l’erba di luogo in luogo illuminato dalla luna, e lassù la luna sacra ha preso una fase nuova. Minnaloushe lo sa che le sue pupille passeranno di mutamento in mutamento, e che variano da tondo a falce, da falce a tondo? Va, Minnealoushe, furtivo per l’erba, solo, con importanza, saggio, e alla luna mutabile leva mutabili gli occhi.
(Traduzione di Alessandro Gentili)
The Cat and the Moon
The cat went here and there and the moon spun round like a top, and the nearest kin of the moon, the creeping cat, looked up. Black Minnaloushe stared at the moon, for, wander and wail as he would, the pure cold light in the sky troubled his animal blood. Minnaloushe runs in the grass lifting his delicate feet. Do you dance, Minnaloushe, do you dance? When two close kindred meet, what better than call a dance? Maybe the moon may learn, tired of that courtly fashion, a new dance turn. Minnaloushe creeps through the grass from moonlit place to place, the sacred moon overhead has taken a new phase. Does Minnaloushe know that his pupils will pass from change to change, and that from round to crescent, from crescent to round they range? Minnaloushe creeps through the grass alone, important and wise, and lifts to the changing moon his changing eyes.
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Memory from the Broadway Musical “Cats” – Piano / Orchestral – Carlton Forrester
Una nuvola sono alta nel cielo ed un corteo di stelle mi fa velo: lieve, allegra, mai stanca di volare mi specchio sopra il colle e lungo il mare – ma perché i pini della selva ombrosa mi chiamano sempre: “Fermati, riposa!”?
Scivola il mio mantello sulla luna, acceco il sole in trono al suo fulgore – nessun legame, schiavitù nessuna, sono figlia del vento senza cuore – ma perché i pini della selva ombrosa sussurran sempre: “Fermati, riposa!”?
(Traduzione di Silvio Raffo)
The Cloud
I am a cloud in the heaven’s height, The stars are lit for my delight, Tireless and changeful, swift and free, I cast my shadow on hill and sea– But why do the pines on the mountain’s crest Call to me always, “Rest, rest”?
I throw my mantle over the moon And I blind the sun on his throne at noon, Nothing can tame me, nothing can bind, I am a child of the heartless wind– But oh, the pines on the mountain’s crest Whispering always, “Rest, rest.”
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Yuja Wang plays Schubert/Liszt : Auf dem Wasser zu singen
Era solito spaventarmi nelle notti d’infanzia,
il volto grande da adulto, enorme, duro, là in alto.
Non riuscivo a immaginare tanta solitudine, tanta freddezza.
Ma stasera tornando a casa in auto su queste strade di collina
lo vedo inabissarsi dietro gruppi di alberi spogli
per poi risorgere di nuovo a mostrare il suo volto familiare.
E quando è in piena vista sopra i campi aperti
sembra un giovane che si è innamorato
della terra scura,
uno scapolo pallido, ben curato e pieno di malinconia,
con la bocca rotonda aperta
come se avesse appena cominciato a cantare.
(Traduzione di Franco Nasi)
The Man In The Moon
He used to frighten me in the nights of childhood,
the wide adult face, enormous, stern, aloft.
I could not imagine such loneliness, such coldness.
But tonight as I drive home over these hilly roads
I see him sinking behind stands of winter trees
And rising again to show his familiar face.
And when he comes into full view over open fields
he looks like a young man who has fallen in love
with the dark earth,
a pale bachelor, well-groomed and full of melancholy,
his round mouth open
as if he had just broken into song.
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Beethoven – Moonlight Sonata Op 27 No 2 Played by Anastasia Huppmann at the Yamaha Concert Hall in Vienna
Della luce del sole si può dire
più di quanto si dica del linguaggio: ma linguaggio
e luce, a vicenda
aiutandosi – francese l’uno e l’altra –
non han disonorato un aggettivo
che rimane ancora radicato.
Sì, luce è linguaggio. Libera franca
imparziale luce di sole, luce di luna,
luce di stelle, luce di faro,
sono linguaggio. E il faro
di Creach’h d’Ouessant,
sulla sua indifesa
scaglia di roccia, è il discendente di Voltaire,
la cui giustizia fiammeggiante andò
a raggiungere un uomo già colpito:
dall’inerme
Montaigne, il cui equilibrio,
conservato malgrado la durezza
del bandito, accese la scintilla
salvatrice del rimorso; di Émile Littré,
mosso dalla passione filologica,
ammaliato dagli otto volumi
d’Ippocrate, il suo
autore. Era
un uomo di fuoco, uno scienziato
della libertà, questo tenace Maximilien
Paul Émile Littré. Se l’Inghilterra
è difesa dal mare,
noi, con la consolidata Libertà
di Bartholdi, che regge alta
la torcia accanto al porto, udiamo
l’ingiunzione della Francia: “Ditemi
la verità, e specialmente quando
sia spiacevole”. E noi,
noi possiamo rispondere soltanto:
“Questa parola Francia vuole dire
affrancamento: vuole dire una
che “rianima chiunque pensi a lei”.
(Trad. Lina Angioletti e Gilberto Forti)
Light is Speech
One can say more of sunlight
than of speech; but speech
and light, each
aiding each – when French –
have not disgraced that still un-
extirpated adjective.
Yes light is speech. Free frank
impartial sunlight, moonlight,
starlight, lighthouse light,
are language. The Creach’d
d’Ouessant light-
house on its defenseless dot of
rock, is the descendant of Voltaire
whose flaming justice reached a
man already harmed;
of unarmed
Montaigne whose balance,
maintained despite the bandit’s
hardness, lit remorse’s saving
spark; of Émile Littré,
philology’s determined,
ardent eight-volume
Hippocrates-charmed
editor. A
man on fire, a scientist of
freedoms, was firm Maximilien
Paul Émile Littré. England
guarded by the sea,
we with re-
enforced Bartholdy’s
Liberty holding up her
torch beside the port, hear France
demand, “Tell me the truth,
especially when it is
unpleasant”. And we
cannot but reply,
“The word France means
enfranchisement; means one who can ‘animate whoever thinks of her‘“.
From: New Collected Poems of Marianne Moore edited by Heather Cass White
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Martynas Levickis & Mikroorkéstra, Antonio Vivaldi The Four Seasons (Highlights)