Qui nel cuore, forse, o per meglio dire: una ferita inferta col coltello, da cui sfugge la vita, sperperata, in piena coscienza ci ferisce. Il desiderare, il volere, il non bastare, disillusa ricerca del motivo che spieghi il nostro esistere casuale, questo è che duole, forse qui nel cuore.
(Traduzione di Fernanda Toriello)
No coração, talvez
No coração, talvez, ou diga antes: Uma ferida rasgada de navalha, Por onde vai a vida, tão mal gasta. Na total consciência nos retalha. O desejar, o querer, o não bastar, Enganada procura da razão Que o acaso de sermos justifique, Eis o que dói, talvez no coração.
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Martha Argerich, Theodosia Ntokou – Beethoven: Symphony No. 6 in F Major, Op. 68, “Pastoral”: I.
La Sesta sinfonia di Beethoven detta Pastorale è ben introdotta dalla seguente citazione dell’autore: “Quanta gioia mi dà il camminare tra gli arbusti, gli alberi, i boschi, l’erbe e le rocce”.
Sempre e poi sempre, o vecchio o giovane torno a avvertire: una montagna notturna e al balcone una donna silenziosa, bianca una strada al chiaro di luna in lieve pendio e ciò mi lacera il cuore nel petto atterrito di struggimento. O mondo ardente, o tu chiara donna al balcone, cane che abbai nella valle, treno lontano che passi, come mentite, come atroci ingannate me ancora, e pur tuttavia voi siete sempre il mio sogno e delirio più dolce. Spesso ho tentato la strada per la tremenda “realtà” dove hanno valore mode, assessori, leggi, e denaro, ma solitario mi sono involato, deluso e liberato, verso là dove sogno e beata follia zampilla. Afoso vento notturno negli alberi, scura zigana, mondo ricolmo di nostalgia pazza e profumo di poesia, mondo splendente, di cui sono schiavo eternamente, dove a me guizzano i tuoi bagliori, dove riecheggia per me la tua voce.
(Traduzione di Patrizio Sanasi) Testo tedesco “O brennende Welt”di Hermann Hesse, scritto nel 1917, Archivio LiederNet
Comincia a cadere una pioggia incessante. Nell’arca, e dove mai potreste andare: voi, poesie per una sola voce, slanci privati, talenti non indispensabili, curiosità superflua, afflizioni e paure di modesta portata, e tu, voglia di guardare le cose da sei lati.
I fiumi s’ingrossano e straripano. Nell’arca: voi, chiaroscuri e semitoni, voi, capricci, ornamenti e dettagli, stupide eccezioni, segni dimenticati, innumerevoli varianti del grigio, il gioco per il gioco, e tu, lacrima del riso.
A perdita d’occhio, acqua e l’orizzonte nella nebbia. Nell’arca: piani per il lontano futuro, gioia per le differenze, ammirazione per i migliori, scelta non limitata a uno dei due, scrupoli antiquati, tempo per riflettere, e tu, fede che tutto ciò un giorno potrà ancora servire.
Per riguardo ai bambini che continuiamo ad essere, le favole sono a lieto fine.
Anche qui non c’è altro finale che si addica. Smetterà di piovere, caleranno le onde, nel cielo rischiarato si apriranno le nuvole e saranno di nuovo come si addiceva alle nuvole sugli uomini: elevate e leggere nel loro somigliare a isole felici, pecorelle, cavolfiori e pannolini – che si asciugano al sole.
(Traduzione di Pietro Marchesani)
Into the Ark
An endless rain is just beginning. Into the ark, for where else can you go, you poems for a single voice, private exultations, unnecessary talents, surplus curiosity, short-range sorrows and fears, eagerness to see things from all six sides.
Rivers are swelling and bursting their banks. Into the ark, all you chiaroscuros and half-tones, you details, ornaments, and whims, silly exceptions, forgotten signs, countless shades of the color gray, play for play’s sake, and tears of mirth.
As far as the eye can see, there’s water and hazy horizon. Into the ark, plans for the distant future, joy in difference, admiration for the better man, choice not narrowed down to one of two, outworn scruples, time to think it over, and belief that all this will come in handy someday.
For the sake of the children that we still are, fairy tales have happy endings. That’s the only finale that will do here, too. The rain will stop, the waves will subside, the clouds will part in the cleared up sky, and they’ll be once more what clouds ought to be: lofty and rather lighthearted in their likeness to things drying in the sun— isles of bliss, lambs, cauliflowers, diapers.
(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)
Oggi ci siamo svegliati con una rivoluzione di neve, le sue bianche bandiere sventolavano su tutto, il paesaggio svanisce, non un topo punteggia la vacuità, e oltre queste finestre
gli edifici pubblici soffocati, scuole e biblioteche sepolte, l’ufficio postale perso sotto il turbine silenzioso, le strade dei treni dolcemente interrotte, il mondo caduto sotto questo cadere.
Tra poco infilerò degli stivali e uscirò come uno che cammina sull’acqua, e il cane salterà come un delfino tra i mucchi, e io scuoterò un ramo carico e farò cadere su noi due una fredda doccia.
Ma per ora sono prigioniero volontario in questa casa, un simpatizzante della causa anarchica della neve. Mi farò un bricco di tè e ascolterò la radio di plastica sul piano della cucina, felice come tutti di sentire la notizia che la Scuola dei Bambini dell’Angolo è chiusa, la Scuola Din Don, chiusa, la Scuola Tutti a Bordo, chiusa, l’Asilo nido Hi-Ho, chiuso, insieme con – a qualcuno farà piacere saperlo –
la Scuola Il Fungo, la Piccola Scuola, l’Asilo Nido I Piccoli Passeri, la Scuola per l’Infanzia Le Stelline, la Scuola a tempo pieno Piselli e Carote, il centro per il bambino Pollicino, tutti chiusi, e – applausi – la Scuola Ricreativa Noccioline.
Allora è qui dove i bambini si nascondono di giorno. Sono questi i nidi dove scrivono a stampatello e disegnano, dove indossano le loro vivaci giacche in miniatura, dove tutti sfrecciano, scalano e scivolano, tutti tranne qualche bambina che bisbiglia accanto alla staccionata.
E ora ascolto attento nel grandioso silenzio della neve, e mi sforzo di sentire quel che le tre bambine complottano, quale rivolta è in arrivo, quale reginetta sta per essere scalzata.
(Traduzione di Franco Nasi)
Snow Day
Today we woke up to a revolution of snow, its white flag waving over everything, the landscape vanished, not a single mouse to punctuate the blankness, and beyond these windows
the government buildings smothered, schools and libraries buried, the post office lost under the noiseless drift, the paths of trains softly blocked, the world fallen under this falling.
In a while, I will put on some boots and step out like someone walking in water, and the dog will porpoise through the drifts, and I will shake a laden branch sending a cold shower down on us both.
But for now I am a willing prisoner in this house, a sympathizer with the anarchic cause of snow. I will make a pot of tea and listen to the plastic radio on the counter, as glad as anyone to hear the news
that the Kiddie Corner School is closed, the Ding-Dong School, closed. the All Aboard Children’s School, closed, the Hi-Ho Nursery School, closed, along with—some will be delighted to hear—
the Toadstool School, the Little School, Little Sparrows Nursery School, Little Stars Pre-School, Peas-and-Carrots Day School the Tom Thumb Child Center, all closed, and—clap your hands—the Peanuts Play School.
So this is where the children hide all day, These are the nests where they letter and draw, where they put on their bright miniature jackets, all darting and climbing and sliding, all but the few girls whispering by the fence.
And now I am listening hard in the grandiose silence of the snow, trying to hear what those three girls are plotting, what riot is afoot, which small queen is about to be brought down.
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Chris Rea – “Winter Song” from the compilation album “Still So Far to Go: The Best of Chris Rea” 2009