Io sono il cane che hai fatto addormentare,
(come preferisci definire l’ago dell’oblio),
tornato a dirti solamente questo:
Non mi sei mai piaciuto: neanche un poco.
Quando ti leccavo la faccia,
mi veniva voglia di morderti il naso.
Quando ti guardavo mentre ti asciugavi con l’accappatoio,
Avrei volentieri fatto un balzo per evirarti con un morso.
Mi irritava il tuo modo di muoverti,
la tua mancanza di grazia animale,
il modo in cui ti mettevi su una sedia per mangiare,
il tovagliolo in grembo, un coltello in mano.
Avrei voluto andarmene,
ma ero troppo debole, un trucco che mi hai insegnato
quando stavo imparando a stare a cuccia e camminare al piede,
e – il peggiore degli insulti – dare la zampetta come fosse una mano.
Ammetto che la vista del guinzaglio
mi eccitava
ma solo perché voleva dire che di lì a poco
avrei annusato cose che tu non hai mai toccato.
Non ci vuoi credere,
ma non ho ragione di mentire.
Odiavo la macchina, i giochini di gomma,
mi stavano antipatici i tuoi amici e, peggio, i tuoi parenti.
Il tintinnio delle mie targhette mi dava ai nervi.
Mi hai sempre grattato nel posto sbagliato.
Tutto quel che volevo da te
era cibo e acqua fresca nelle mie ciotole di metallo.
Mentre dormivi, ti guardavo respirare
quando la luna saliva nel cielo.
Ci voleva tutta la mia forza
per non sollevare la testa e ululare.
Ora sono libero dal collare,
dall’impermeabile giallo, dal maglioncino con le iniziali,
dall’assurdità del tuo prato,
e questo è tutto quel che devi sapere di questo posto
tranne quel che già ti immagini
e sei felice non sia successo prima:
che qui tutti sanno leggere e scrivere,
i cani in versi, i gatti e tutti gli altri in prosa.
[Traduzione di Piero Vereni]
The Revenant
I am the dog you put to sleep,
as you like to call the needle of oblivion,
come back to tell you this simple thing:
I never liked you—not one bit.Continua a leggere…