Viaggiare! Perdere paesi!, Fernando Pessoa

Viaggiare! Perdere paesi!
Essere altro costantemente,
non avere radici, per l’anima,
da vivere soltanto di vedere!

Neanche a me appartenere!
Andare avanti, andare dietro
l’assenza di avere un fine,
e l’ansia di conseguirlo!

Viaggiare così è viaggio.
Ma lo faccio e non ho di mio
più del sogno del passaggio.
Il resto è solo terra e cielo.

Viajar! Perder países!

Viajar! Perder países!
Ser outro constantemente,
Por a alma não ter raízes
De viver de ver somente!

Não pertencer nem a mim!
Ir em frente, ir a seguir
A ausência de ter um fim,
E da ânsia de o conseguir!

Viajar assim é viagem.
Mas faço-o sem ter de meu
Mais que o sonho da passagem.
O resto é só terra e céu

Il porto, da “Lo Spleen di Parigi”, Charles Baudelaire

Un porto è un soggiorno affascinante per un’anima provata dalle lotte della vita. L’ampiezza del cielo, la mobile architettura delle nuvole, le mutevoli colorazioni del mare, lo scintillio dei fari, sono un prisma meravigliosamente atto a divertire gli occhi senza mai stancarli. Le forme slanciate delle navi, dalla complicata armatura, a cui l’onda imprime armoniose oscillazioni, servono a intrattenere nell’anima il gusto del ritmo e della bellezza. E poi, soprattutto, c’è una sorta di piacere misterioso e aristocratico per chi non ha più né curiosità né ambizioni nel contemplare, sdraiato in un belvedere o appoggiato coi gomiti sul molo, tutti i movimenti di quelli che partono e di quelli che ritornano, di quelli che ancora hanno la forza di volere, il desiderio di viaggiare o di arricchirsi.

(Trad. di Franco Rella)

Le port

Un port est un séjour charmant pour une âme fatiguée des luttes de la vie. L’ampleur du ciel, l’architecture mobile des nuages, les colorations changeantes de la mer, le scintillement des phares, sont un prisme merveilleusement propre à amuser les yeux sans jamais les lasser. Les formes élancées des navires, au gréement compliqué, auxquels la houle imprime des oscillations harmonieuses, servent à entretenir dans l’âme le goût du rythme et de la beauté. Et puis, surtout, il y a une sorte de plaisir mystérieux et aristocratique pour celui qui n’a plus ni curiosité ni ambition, à contempler, couché dans le belvédère ou accoudé sur le môle, tous ces mouvements de ceux qui partent et de ceux qui reviennent, de ceux qui ont encore la force de vouloir, le désir de voyager ou de s’enrichir.