Speranza, Pablo Neruda

Ti saluto, Speranza, tu che vieni da lontano
inonda col tuo canto i tristi cuori.
Tu che dai nuove ali ai sogni vecchi.
Tu che riempi l’anima di bianche illusioni.

Ti saluto, Speranza, forgerai i sogni
in quelle deserte, disilluse vite
in cui fuggì la possibilità di un futuro sorridente,
ed in quelle che sanguinano le recenti ferite.

Al tuo soffio divino fuggiranno i dolori
quale timido stormo sprovvisto di nido,
ed un’aurora radiante coi suoi bei colori
annuncerà alle anime che l’amore è venuto.

Esperanza

Te saludo Esperanza, tu que vienes de lejos
inundas con tu canto los tristes corazones,
Tu que das nuevas alas a los ensueños viejos,
tu que llenas el alma de blancas ilusiones
.
Te saludo Esperanza. Forjaras los ensueños
en aquellas desiertas desengañadas vidas
en que huyo lo posible de un porvenir risueño,
en aquellas que sangran las recientes heridas.

A tu soplo divino huiran los dolores
cual timida bandada desprovista de nido,
y una aurora radiante,con sus bellos colores,
anunciara a las almas que el amor ha venido.

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P. Tchaikovsky, Capriccio Italiano – Moscow City Symphony “Russian Philharmonic” Conductor: Michail Jurowski – Moscow International House of Music, Svetlanov Hall – June 20, 2012

Tchaikovsky e suo fratello Modest visitarono Roma nel 1880. Fu un viaggio felice che ispirò il grande compositore russo a produrre una delle sue opere più brillanti, una sorta di “Fantasia italiana”. Tchaikovsky abbozzò l’intera composizione in meno di una settimana, utilizzando alcuni canti che aveva ascoltato personalmente per le strade di Roma, altri presi da alcune antologie, e mirando non tanto all’elaborazione tematica quanto alla ricerca dell’effetto, alla massima brillantezza della scrittura orchestrale. Il lavoro si conclude con una vorticosa “tarantella” brillantemente eseguita, un vero tripudio di colori.

Stelle d’inverno, da “Flame and Shadow” (1920), Sara Teasdale

Sono uscita di notte, da sola;
Il sangue giovane che scorreva al di là del mare
Sembrava aver infradiciato le ali del mio spirito –
Duramente sopportavo il mio dolore.

Ma quando ho sollevato la testa
Dalle ombre tremanti sulla neve,
Ho visto Orione, verso est,
Brillare costante come un tempo.

Dalle finestre della casa di mio padre,
Sognando i miei sogni nelle notti d’inverno,
Guardavo Orione quand’ero bambina
Al di sopra delle luci di un’altra città.

Passano gli anni, passano i sogni, passa anche la giovinezza
Il cuore del mondo sotto il peso delle sue guerre si spezza,
Tutto è cambiato, tranne, verso est,
La fedele bellezza delle stelle.

Winter Stars

I went out at night alone;
The young blood flowing beyond the sea
Seemed to have drenched my spirit’s wings—
I bore my sorrow heavily.

But when I lifted up my head
From shadows shaken on the snow,
I saw Orion in the east
Burn steadily as long ago.

From windows in my father’s house,
Dreaming my dreams on winter nights,
I watched Orion as a girl
Above another city’s lights.

Years go, dreams go, and youth goes too,
The world’s heart breaks beneath its wars,
All things are changed, save in the east
The faithful beauty of the stars.

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Dutch harpist and composer Remy van Kesteren performs Nils Frahm’s “Hammers” from his album “Tomorrow Eyes” live at Yellow Lounge in Berlin, April 2019

Grande numero, da “Grande numero” (1976), Wislawa Szymborska

Quattro miliardi di uomini su questa terra,
ma la mia immaginazione è uguale a prima.
Se la cava male con i grandi numeri.
Continua a commuoverla la singolarità.
Svolazza nel buio come la luce d’una pila,
illumina solo i primi visi che capitano,
mentre il resto se ne va nel non visto,
nel non pensato, nel non rimpianto.
Ma questo neanche Dante potrebbe impedirlo.
E figuriamoci quando non lo si è.
Anche se tutte le Muse venissero a me.

Non omnis moriar – un cruccio precoce.
Ma vivo intera? E questo può bastare?
Non è mai bastato, e tanto meno adesso.
Scelgo scartando, perché non c’è altro modo,
ma quello che scarto è più numeroso,
è più denso, più esigente che mai.
A costo di perdite indicibili – una poesiola, un sospiro.
Alla chiamata tonante rispondo con un sussurro.
Non dirò di quante cose taccio.
Un topo ai piedi della montagna materna.
La vita dura qualche segno d’artiglio sulla sabbia.

Neppure i miei sogni sono popolati come dovrebbero.
C’è più solitudine che folle e schiamazzo.
Vi capita a volte qualcuno morto da tempo.
Una singola mano scuote la maniglia.
La casa vuota si amplia di annessi dell’eco.
Dalla soglia corro giù nella valle
silenziosa, come di nessuno, già anacronistica.

Da dove venga ancora questo spazio in me –
non so.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

A Great Number

Four billion people on this earth,
while my imagination remains as it was.
It clumsily copes with great numbers.
Still it is sensitive to the particular.
It flutters in the dark like a flashlight,
and reveals the first random faces
while all the rest stay unheeded,
unthought of, unlamented.
Yet even Dante could not retain all that.
And what of us?
Even all the Muses could not help.

Non omnis moriar–a premature worry.
Yet do I live entire and does it suffice?
It never sufficed, and especially now.
I choose by discarding, for there is no other means
but what I discard is more numerous,
more dense, more insistent that it ever was.
A little poem, a sigh, cost indescribable losses.
A thunderous call is answered by my whisper.
I cannot express how much I pass over in silence.
A mouse at the foot of a mountain in labor.
Life lasts a few marks of a claw on the sand.
My dreams–even they are not, as they ought to be, populous.

There is more of loneliness in them than of crowds and noise.
Sometimes a person who died long ago drops in for a moment.
A door handle moves touched by a single hand.
An empty house is overgrown with annexes of an echo.
I run from the threshold down into the valley
that is silent, as if nobody’s, anachronic.

How that open space is in me still–
I don’t know.

(Translated from Polish by Czeslaw Milosz)

Io vivrei nel tuo amore, da “Gli amorosi incanti” (2010), Sara Teasdale

Come le alghe nel mare,
così io vivrei nel tuo amore.
Ogni onda che passa le sostiene,
le piega ogni onda che a ritroso viene.
Di tutti i sogni che l’hanno abitata
svuoterei l’anima, a te consacrata.
Due cuori in uno solo battere sentirei,
l’anima tua dovunque seguirei.

(Traduzione di Silvio Raffo)

I Would Live In Your Love

I would live in your love as the sea-grasses live in the sea,
Borne up by each wave as it passes, drawn down by each wave that recedes;
I would empty my soul of the dreams that have gathered in me,
I would beat with your heart as it beats, I would follow your soul as it leads.

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David Garrett – Io Ti Penso Amore (Feat. Nicole Scherzinger)

 

La strada, da “Orientarsi con le Stelle”, Raymond Carver

Che nottata! I sogni o non vengono affatto
oppure si tratta di un sogno che forse forse
annuncia una perdita. La scorsa notte mi hanno abbandonato
senza una parola su una strada di campagna.
In una casa laggiù sulle colline c’era una luce
non più grande di una stella.
Ma avevo paura di andarci e ho continuato a camminare.

Poi mi sono risvegliato al rumore della pioggia sui vetri.
Vicino alla finestra un vaso di fiori.
L’odore del caffè e tu che ti tocchi i capelli
con il gesto di chi non c’è più da anni.
Ma c’è un pezzo di pane sotto al tavolo
accanto ai tuoi piedi. E una fila di formiche
va avanti e indietro da una fessura nel pavimento.
Non sorridi più.

Fammi un favore stamattina. Chiudi le tende e torna a letto.
Lascia perdere il caffè. Faremo finta
di essere in un paese straniero, innamorati.

(Traduzione di Riccardo Duranti e Francesco Durante)

The Road

What a rough night! It’s either no dreams at all,
or else a dream that may or may not be
a dream portending loss. Last night I was dropped of
without a word on a country road.
A house back in the hills showed a light
no bigger than a star.
But I was afraid to go there, and kept walking.

Then to wake up to rain striking the glass.
Flowers in a vase near the window.
The smell of coffee, and you touching your hair
with a gesture like someone who has been gone for years.
But there’s a piece of bread under the table
near your feet. And a line of ants
moving back and forth from a crack in the floor.
You’ve stopped smiling.

Do me a favor this morning. Draw the curtain and come back to bed.
Forget the coffee. We’ll pretend
we’re in a foreign country, and in love.

Ci sono anime che hanno…, da “Poesie, Libro de Poemas” (1970), Federico Garcia Lorca

Ci sono anime che hanno
stelle azzurre,
mattini sfioriti
tra foglie del tempo,
casti cantucci
che conservano un antico
sussurro di nostalgia
e di sogni.

Altre anime hanno
spettri dolenti
di passioni. Frutta
con vermi. Echi
di una voce arsa
che viene di lontano
come una corrente
d’ombre. Ricordi
vuoti di pianto
e briciole di baci.

La mia anima è matura
da gran tempo,
e si dissolve
confusa di mistero.
Pietre giovanili
consunte di sogno
cadono sulle acque
dei miei pensieri.
Ogni pietra dice:
«Dio è molto lontano!».

8 febbraio 1920

(Traduzione di Claudio Rendina)

Hay almas que tienen…

Hay almas que tienen
azules luceros,
mañanas marchitas
entre hojas del tiempo,
y castos rincones
que guardan un viejo
rumor de nostalgias
y sueños.

Otras almas tienen
dolientes espectros
de pasiones. Frutas
con gusanos. Ecos
de una voz quemada
que viene de lejos
como una corriente
de sombra. Recuerdos
vacíos de llanto
y migajas de besos.

Mi alma está madura
hace mucho tiempo,
y se desmorona
turbia de misterio.
Piedras juveniles
roídas de ensueño
caen sobre las aguas
de mis pensamientos.
Cada piedra dice:
“¡Dios está muy lejos!”

Elogio dei sogni, da “Ogni caso” (1972), Wislawa Szymborska

In sogno
dipingo come Vermeer.

Parlo correntemente il greco
e non solo con i vivi.

Guido l’automobile,
che mi obbedisce.

Ho talento,
scrivo grandi poemi.

Odo voci
non peggio di autorevoli santi.

Sareste sbalorditi
dal mio virtuosismo al pianoforte.

Volo come si deve,
ossia da sola.

Cadendo da un tetto
so cadere dolcemente sul verde.

Non ho difficoltà
a respirare sott’acqua.

Non mi lamento:
sono riuscita a trovare l’Atlantide.

Mi rallegro di sapermi sempre svegliare
prima di morire.

Non appena scoppia una guerra
mi giro sul fianco preferito.

Sono, ma non devo
esserlo, una figlia del secolo.

Qualche anno fa
ho visto due soli.

E l’altro ieri un pinguino.
Con la massima chiarezza.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

In Praise Of Dreams

In my dreams
I paint like Vermeer van Delft.

I speak fluent Greek
and not just with the living.

I drive a car
that does what I want it to.

I am gifted
and write mighty epics.

I hear voices
as clearly as any venerable saint.

My brilliance as a pianist
would stun you.

I fly the way we ought to, i.e.,
on my own.

Falling from the roof,
I tumble gently to the grass.

I’ve got no problem
breathing under water.

I can’t complain:
I’ve been able to locate Atlantis.

It’s gratifying that I can always
wake up before dying.

As soon as war breaks out,
I roll over on my other side.

I’m a child of my age,
but I don’t have to be.

A few years ago
I saw two suns.

And the night before last a penguin,
clear as day.

(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)

Dialoghi, da “Tu sola nel mio deserto” (2017), Alda Merini

Oggi non sappiamo a chi parlare o pensiamo di parlare con i sogni non facilmente decifrabili per esprimere il nostro passato, perché a me pare che il successo del nostro presente derivi dalla rimozione forzata di un passato che tutti sentiamo colpevole.

Ci siamo colpevolizzati per la guerra, i nostri figli, per piccolissimi reati che con il tempo sono diventati veri e propri atti delinquenziali. Non parliamo più di quello che di bene abbiamo fatto nella vita ma del male che abbiamo fatto e subìto.

Io, per esempio, mi ricordo solo del manicomio, Johnny solo dei bilanci sbagliati, Bianca dei suoi errori verso i figli, e tutti andiamo a letto stucchevolmente malati di mentirci.

Passato, presente e futuro mentitore.

29/1/1991

Ascoltavo la pioggia, Alda Merini

Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.

L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.

Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.

Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.

E la pioggia piangeva
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.

Da: @MeriniPoesia

Ode al presente, da “Nuevas odas elementales” (1955), Pablo Neruda

Questo
presente
liscio
come una tavola,
fresco,
quest’ora,
questo giorno
terso
come una coppa nuova
– del passato
non c’è una sola
ragnatela –
tocchiamo
con le dita
il presente,
ne scolpiamo
il profilo,
ne guidiamo
il germe,
è vivente,
vivo,
non ha nulla
dell’ieri irrimediabile,
del passato perduto,
è nostra
creatura,
sta crescendo
in questo
momento, sta trasportando
sabbia, sta mangiando
nelle nostre mani,
prendilo,
non lasciarlo scivolare,
che non sfumi in sogni
o in parole,
afferralo,
trattienilo
e dagli ordini
finché non ti obbedisca,
fanne strada,
campana,
macchina,
bacio, libro,
carezza,
taglia la sua deliziosa
fragranza di legname
e con essa
fatti una sedia,
intrecciane
lo schienale,
provala,
o anche
una scala!

Sì,
una scala,
sali
nel presente.
gradino
dopo gradino,
fermi
i piedi sopra il legno
del presente,
verso l’alto,
verso l’alto,
non molto in alto,
soltanto
fin dove tu possa
riparare
le grondaie
del tetto,
non molto in alto,
non andartene in cielo,
raggiungi
le mele,
non le nuvole,
quelle
lasciale
andare per il cielo, andare
verso il passato.
Tu
sei
il tuo presente,
la tua mela:
prendila
dal tuo albero,
innalzala
nella tua
mano,
brilla
come una stella,
toccala,
addentala e incamminati
fischiettando per strada.

Oda al presente

ESTE
presente
liso
como una tabla,
fresco,
esta hora,
este día
limpio
como una copa nueva
—del pasado
no hay una
telaraña—,
tocamos
con los dedos
el presente,
cortamos
su medida,
dirigimos
su brote,
está viviente,
vivo,
nada tiene
de ayer irremediable,
de pasado perdido,
es nuestra
criatura,
está creciendo
en este
momento, está llevando
arena, está comiendo
en nuestras manos,
cógelo,
que no resbale,
que no se pierda en sueños
ni palabras,
agárralo,
sujétalo
y ordénalo
hasta que te obedezca,
hazlo camino,
campana,
máquina,
beso, libro,
caricia,
corta su deliciosa
fragancia de madera
y de ella
hazte una silla,
trenza
su respaldo,
pruébala,
o bien
escalera!

Si,
escalera,
sube
en el presente,
peldaño
tras peldaño,
firmes
los pies en la madera
del presente,
hacia arriba,
hacia arriba,
no muy alto,
tan sólo
hasta que puedas
reparar
las goteras
del techo,
no muy alto,
no te vayas al cielo,
alcanza
las manzanas,
no las nubes,
ésas
déjalas
ir por el cielo, irse
hacia el pasado.

eres
tu presente,
tu manzana:
tómala
de tu árbol,
levántala
en tu
mano,
brilla
como una estrella,
tócala,
híncale el diente y ándate
silbando en el camino.