Deposi la maschera e mi vidi allo specchio…, Fernando Pessoa

Deposi la maschera e mi vidi allo specchio…
Ero il bimbo di tanti anni fa.
Non ero affatto cambiato…
E’ questo il vantaggio di sapersi togliere la maschera.
Si è sempre il bimbo,
il passato che fu,
il bimbo.
Deposi la maschera, e tornai a metterla.
Così è meglio,
così senza la maschera.
E torno alla persona come a un capolinea.

(Da “Poesie scelte” Fernando Pessoa – Passigli Editori – Traduzione Luigi Panarese)

Depus a máscara e vi-me ao espelho…

Depus a máscara e vi-me ao espelho…
Era a criança de há quantos anos.
Não tinha mudado nada…
É essa a vantagem de saber tirar a máscara.
É-se sempre a criança,
O passado que foi
A criança.
Depus a máscara e tornei a pô-la.
Assim é melhor,
Assim sou a máscara.
E volto à personalidade como a um terminus de linha.

18-8-1934
(Poesias de Álvaro de Campos. Fernando Pessoa. Lisboa: Ática, 1944)

La maschera, William Butler Yeats

“Togli quella maschera d’oro ardente
Con gli occhi di smeraldo”.
“Oh no, mio caro, tu vuoi permetterti
Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi,
Benché non freddi”.

“Volevo solo scoprire quel che c’è da scoprire,
Amore o inganno”.
“Fu la maschera ad attrarre tua mente
E poi a farti battere il cuore,
Non quel che c’è dietro”.

“Ma io debbo indagare per sapere
Se tu mi sia nemica”.
Oh no, mio caro, lascia andar tutto questo;
Che importa, purché ci sia fuoco
In te, in me?

The Mask

“Put off that mask of burning gold
With emerald eyes.”
“O no, my dear, you make so bold
To find if hearts be wild and wise,
And yet not cold.”

“I would but find what’s there to find,
Love or deceit.”
“It was the mask engaged your mind,
And after set your heart to beat,
Not what’s behind.”

“But lest you are my enemy,
I must enquire.”
“O no, my dear, let all that be;
What matter, so there is but fire
In you, in me?”

La maschera, da “Les Fleurs du Mal”, Charles Baudelaire

Statua allegorica di gusto rinascimentale
A Ernest Christophe, scultore

Sono in lei radunate le grazie fiorentine:
in un corpo che insieme è solido e flessuoso
stanno Eleganza e Forza, due sorelle divine.
E’ una donna mirabile, frutto miracoloso,
stupendamente salda, eppure assai leggera,
fatta per troneggiare sopra un letto sontuoso,
e d’un papa o d’un principe attizzare i piaceri.

– Vedi come il sorriso è fine e voluttuoso:
in quella fatuità trascorre dolce un’estasi,
nello sguardo un’ambigua e languida ironia,
un velo intorno al viso la seduzione desta,
ogni tratto ci dice con trionfante malia:
“La Voluttà mi chiama, l’Amore m’incorona”.
Vedi che forte fascino dona la gentilezza
a colei che di tanta maestà si corona.
Su, giriamole intorno, scrutiamo la bellezza.

O artificio blasfemo, sorprendente malizia!
E’ un mostro bicefalo questo corpo di luce
che riverbera un mondo di suprema delizia!

– No, è solo una maschera quel volto che seduce
e che una fine smorfia ora va rischiarando.
Ma osserva il volto vero com’è atrocemente
raggrinzito e com’è arrovesciato standosene
al riparo del primo artefatto sembiante.
Povera sovrumana bellezza, il tuo bel rivo
di lacrime nel cuore spaurito si riversa,
mi fa ebbro il tuo inganno, e l’anima s’abbevera
al flutto che il Dolore dalle pupille versa.

– Perché ora piange, lei, l’avvenente regina
che terrebbe ai suoi piedi l’umanità sperduta?
Quale oscuro male l’è al bel fianco spina?

– Insensato, lei piange proprio perché ha vissuto.
E perché vive. E quello che più e più deplora
e che tutta la scuote è il fatto che poi,
domani, è necessario, ahimé, vivere ancora,
domani, posdomani, e sempre: come noi!

(Traduzione di Antonio Prete)

Le Masque

Statue allégorique dans le goût de la Renaissance
À Ernest Christophe, statuaire

Contemplons ce trésor de grâces florentines;
Dans l’ondulation de ce corps musculeux
L’Elégance et la Force abondent, soeurs divines.Continua a leggere…

Portiamo la maschera, Paul Laurence Dunbar

Portiamo la maschera che ghigna e mente,
ci nasconde le guance e gli occhi adombra, –
questo debito che paghiamo all’inganno umano;
sorridiamo col cuore straziato e sanguinante,
e declamiamo con innumerevoli astuzie.

Perché dovrebbe il mondo essere ultra saggio
e contare le nostre lacrime e sospiri?
No, che ci guardino e basta, mentre
noi portiamo la maschera.

Sorridiamo, ma, O grande Cristo, le nostre grida
salgono a Te da anime torturate.
Cantiamo, ma oh, l’argilla è vile
sotto i nostri piedi, e lunga la strada;
ma che il mondo sogni altrimenti,
noi portiamo la maschera.

(Trad. di A. Francini)

We Wear the Mask

We wear the mask that grins and lies,
It hides our cheeks and shades our eyes,—
This debt we pay to human guile;
With torn and bleeding hearts we smile,
And mouth with myriad subtleties.

Why should the world be over-wise,
In counting all our tears and sighs?
Nay, let them only see us, while
We wear the mask.

We smile, but, O great Christ, our cries
To thee from tortured souls arise.
We sing, but oh the clay is vile
Beneath our feet, and long the mile;
But let the world dream otherwise,
We wear the mask!