Il gatto, da “I gatti lo sapranno” (2010), Guillaume Apollinaire

Mi auguro di avere in casa mia:
una donna provvista di buonsenso,
un gatto che passeggi in mezzo ai libri,
e degli amici per qualsiasi tempo
senza i quali non posso proprio vivere.

(Traduzione di Fabrizio Dall’Aglio)

Le chat

je souhaite dans ma maison:
Une femme ayant sa raison,
Un chat passant parmi les livres,
Des amis en toute saison
Sans lesquels je ne peux pas vivre.

Da Bestiaire ou Cortège d’Orphée (1911)

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Michael Daugherty: “Raise the Roof” for Timpani and Symphonic Band

Vietnam, da “Discorso all’Ufficio oggetti smarriti” (2004), Wislawa Szymborska

Donna, come ti chiami? – Non lo so.
Quando sei nata, da dove vieni? – Non lo so.
Perche’ ti sei scavata una tana sottoterra? – Non lo so.
Da quando ti nascondi qui? – Non lo so.
Perché mi hai morso la mano? – Non lo so.
Sai che non ti faremo del male? – Non lo so.
Da che parte stai? – Non lo so.
Ora c’è la guerra, devi scegliere. – Non lo so.
Il tuo villaggio esiste ancora? – Non lo so.
Questi sono i tuoi figli? – Sì.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

Vietnam

“Woman, what’s your name?” “I don’t know.”
“How old are you? Where are you from?” “I don’t know.”
“Why did you dig that burrow?” “I don’t know.”
“How long have you been hiding?” “I don’t know.”
“Why did you bite my finger?” “I don’t know.”
“Don’t you know that we won’t hurt you?” “I don’t know.”
“Whose side are you on?” “I don’t know.”
“This is war, you’ve got to choose.” “I don’t know.”
“Does your village still exist?” “I don’t know.”
“Are those your children?” “Yes.”

E’ un’intensa poesia sulla guerra in Vietnam e sul potere dell’amore materno.
Un dialogo tra soldati e una donna traumatizzata che gli shock della guerra hanno gettato in “modalità sopravvivenza”. Il suo senso di sé è crollato insieme alla sua società: non sa come si chiama, chi sono questi uomini, da quanto tempo si è rifugiata in una tana o da che parte sta la guerra.
Tutto quello che sa è che ha i suoi figli
.

La natura usa il giallo più raramente, Emily Dickinson

La Natura usa il Giallo più raramente
Di ogni altra Tinta –
Lo serba tutto per i Tramonti
Prodiga d’Azzurro

Consuma lo Scarlatto, come una Donna
Che il Giallo si permette
Solo di rado e con misura
Come le Parole di un Innamorato –

(Traduzione di Giacomo Ierolli)

Nature rarer uses Yellow

Nature rarer uses Yellow
Than another Hue –
Saves she all of that for Sunsets
Prodigal of Blue

Spending Scarlet, like a Woman
Yellow she affords
Only scantly and selectly
Like a Lover’s Words –

La pace, Alda Merini

A Enrico Baj

La pace che sgorga dal cuore
e a volte diventa sangue,
il tuo amore
che a volte mi tocca
e poi diventa tragedia,
la morte qui sulle mie spalle,
come un bambino pieno di fame
che chiede luce e cammina.
Far camminare un bimbo è cosa semplice,
tremendo è portare gli uomini
verso la pace,
essi accontentano la morte
per ogni dove,
come fosse una bocca da sfamare.
Ma tu maestro che ascolti
i palpiti di tanti soldati,
sai che le bocche della morte
sono di cartapesta,
più sinuosi dei dolci
le labbra intoccabili
della donna che t’ama.

Domenica sera, Raymond Carver

Metti a frutto le cose che ti circondano.
Questa pioggerellina
fuori dalla finestra, per esempio.
La sigaretta che tengo tra le dita,
questi piedi sul divano.
Il suono del rock and roll sullo sfondo,
la Ferrari rossa che ho in testa.
La donna che si sbatte qua e là
girando ubriaca per la cucina…
Mettici dentro tutto,
mettilo a frutto.

(Traduzione di Riccardo Duranti e Francesco Durante)

Sunday Night 

Make use of the things around you.
This light rain
outside the window, for one.
This cigarette between my fingers,
these feet on the couch.
The faint sound of rock-and-roll,
the red Ferrari in my head.
The woman bumping
drunkenly around in the kitchen . . .
put it all in,
make use.

Scarpe, da “On Love”, Charles Bukowski

scarpe nell’armadio come gigli di Pasqua,
le mie scarpe lì da sole adesso,
e le altre scarpe con altre scarpe
come i cani che camminano per le vie,
e il fumo da solo non è abbastanza
e ho ricevuto una lettera da una donna in ospedale,
amore, mi dice lei, amore,
altre poesie,
ma io non scrivo,
non mi riconosco più,
mi manda fotografie dell’ospedale
scattate dall’alto,
ma mi ricordo di lei in altre sere,
non moribonda,
scarpe con tacchi a spillo come pugnali
lì di fianco alle mie,
come possono sere così forti
mentire alle colline,
come possono sere così diventare tranquille sul finire
le mie scarpe nell’armadio
pieno di soprabiti e di strane magliette,
e sbircio dentro la fessura lasciata dall’anta
e fisso i muri, e non
scrivo.

(Traduzione di Simona Viciani)

shoes

shoes in the closet like Easter lilies,
my shoes alone right now,
and other shoes with other shoes
like dogs walking avenues,
and smoke alone is not enough
and I got a letter from a woman in a hospital,
love, she says, love,
more poems,
but I do not write,
I do not understand myself,
she sends me photographs of the hospital
taken from the air,
but I remember her on other nights,
not dying,
shoes with spikes like daggers
sitting next to mine,
how these strong nights
can lie to the hills,
how these nights become quite finally
my shoes in the closet
flown by overcoats and awkward shirts,
and I look into the hole the door leaves
and the walls, and I do not
write.

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Manoscritto di fine 1960; pubblicato in “The People Look Like Flowers at Last”, 2007.

Casalinga, Anne Sexton

Certe donne sposano una casa.
Altra pelle, altro cuore
altra bocca, altro fegato
altra peristalsi.
Altre pareti:
Incarnato stabilmente roseo.
Guarda come sta carponi tutto il giorno
a strofinar per fedeltà a se stessa.
Gli uomini c’entrano per forza,
risucchiati come Giona
in questa madre ben in carne.
Una donna è sua madre.
Questo conta.

Housewife

Some women marry houses.
It’s another kind of skin; it has a heart,
a mouth, a liver and bowel movements.
The walls are permanent and pink.
See how she sits on her knees all day,
faithfully washing herself down.
Men enter by force, drawn back like Jonah
into their fleshy mothers.
A woman is her mother.
That’s the main thing.

Donna addormentata, da “On Love”, Charles Bukowski

sono seduto a letto di notte e ti ascolto
russare
ti ho incontrata alla stazione degli autobus
e adesso immagino cose dietro le tue spalle
bianche malaticce e macchiate di
lentiggini da bambina
mentre la lampada sveste dal dolore
insanabile del mondo
il tuo sonno.

non riesco a vederti i piedi
ma immagino che siano
piedi molto affascinanti.

a chi appartieni?
sei reale?

penso a fiori, animali, uccelli
sembrano tutti più che belli
e così chiaramente
veri.

eppure non puoi fare a meno di essere una
donna. siamo tutti selezionati per essere
qualcosa. il ragno, il cuoco.
l’elefante. è come se ognuno di noi fosse
un dipinto e fosse appeso alla
parete di una galleria.

– e ora il dipinto si gira
sul retro, e oltre un gomito curvato
riesco a vedere una ½ bocca, un occhio e
quasi un naso.
il resto di te è nascosto fuori dalla vista
ma so che tu sei una
contemporanea, una moderna opera
vivente
forse non immortale
ma ci siamo
amati.

ti prego continua a
russare.

(Traduzione di Simona Viciani)

Sleeping Woman

I sit up in bed at night and listen to you
snore
I met you in a bus station and now I wonder at your back
sick white and stained with
children’s freckles
as the lamp divests the unsolvable
sorrow of the world
upon your sleep.

I cannot see your feet
but I must guess that they are
most charming feet.

who do you belong to?
are you real?

I think of flowers, animals, birds
they all seem more than good
and so clearly
real.

yet you cannot help being a
woman. we are each selected to be
something. the spider, the cook.
the elephant. it is as if we were each
a painting and hung on some
gallery wall.

— and now the painting turns
upon its back, and over a curving elbow
I can see ½ a mouth, one eye and
almost a nose.
the rest of you is hidden
out of sight
but I know that you are a
contemporary, a modern living
work perhaps not immortal
but we have
loved.

please continue to
snore.

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Apparsa in The Wormwood Review 16, dicembre 1964; pubblicata in The Days Run Like Wild Horses Over the Hills.

Ritratto di donna, Wislawa Szymborska

Deve essere a scelta.
Cambiare, purché niente cambi.
E’ facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi,
neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
Dorme con lui come la prima venuta, l’unica al mondo.
Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
Ingenua, ma è un’ottima consigliera.
Debole, ma sosterrà.
Non ha la testa sulle spalle, però l’avrà.
Legge Jaspers e le riviste femminili.
Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.
Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.
Tiene nelle mani un passero con l’ala spezzata,
soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,
una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.
Dove è che corre, non sarà stanca?
Ma no, solo un poco, molto, non importa.
O lo ama, o si è intestardita.
Nel bene, nel male, e per l’amore di Dio.

(Traduzione di Pietro Marchesani, da “Opere”)

Portrait Of A Woman

She must be a variety.
Change so that nothing will change.
It’s easy, impossible, tough going, worth a shot.
Her eyes are, as required, deep, blue, gray,
dark merry, full of pointless tears.
She sleeps with him as if she’s first in line or the only one on earth.
She’ll bear him four children, no children, one.
Naive, but gives the best advice.
Weak, but takes on anything.
A screw loose and tough as nails.
Curls up with Jasper or Ladies’Home Journal.
Can’t figure out this bolt and builds a bridge.
Young, young as ever, still looking young.
Holds in her hand a baby sparrow with a broken wing,
her own money for some trip far away,
a meat cleaver, a compress, a glass of vodka.
Where’s she running, isn’t she exhausted.
Not a bit, a little, to death, it doesn’t matter.
She must love him, or she’s just plain stubborn.
For better, for worse, for heaven’s sake.

(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)

Notte stellata, Anne Sexton

La città non esiste
se non dove un albero dai capelli
neri scivola via, come una donna
annegata nel cielo caldo. Tace,
la città. Bolle la notte, con dieci
e una stella. Oh notte stellata,
stellata notte! È così che voglio
morire.

Si muove. Sono tutti quanti vivi.
Quando la luna rompe le catene
arancioni che la legano e spruzza
bambini dai suoi occhi, come un dio,
il vecchio serpente, senza esser visto
divora le stelle. Oh stellata notte,
notte stellata! È così che voglio
morire:

in questa strisciante bestia notturna,
risucchiata tutta dentro nel grande
drago, separata
dalla mia vita senza una bandiera,
senza pancia
né grido.

The Starry Night

The town does not exist
except where one black-haired tree slips
up like a drowned woman into the hot sky.
The town is silent. The night boils with eleven stars.
Oh starry night! This is how
I want to die.

It moves. They are all alive.
Even the moon bulges in its orange irons
to push children, like a god, from its eye.
The old unseen serpent swallows up the stars.
Oh starry starry night! This is how
I want to die:

into that rushing beast of the night,
sucked up by that great dragon, to split
from my life with no flag,
no belly,
no cry.

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“That does not keep me from having a terrible need of – shall I say the word – religion. Then I go out at night to paint the stars.”
– Vincent Van Gogh in a letter to his brother

notte stellata Van Gogh
Starry Night – Vincent Van Gogh