Cos’era, da “Blizzard of One” (1998), Mark Strand

I
Era impossibile da immaginare, impossibile
da non immaginare; la sua azzurrezza, l’ombra che lasciava,
che cadeva, riempiva l’oscurità del proprio freddo,
il suo freddo che cadeva fuori da se stesso, fuori da qualsiasi idea
di sé descrivesse nel cadere; un qualcosa, una minuzia,
una macchia, un punto, un punto in un punto, un abisso infinito
di minuzia; una canzone, ma meno di una canzone, qualcosa che
affoga in sé, qualcosa che va, un’alluvione di suono, ma meno
di un suono; la sua fine, il suo vuoto,
il suo tenero, piccolo vuoto che colma la sua eco, e cade,
e si alza, inavvertito, e cade ancora, e così sempre,
e sempre perché, e solo perché, essendo stato, era…

II
Era l’inizio di una sedia;
era il divano grigio; era i muri,
il giardino, la strada di ghiaia; era il modo in cui
i ruderi di luna le crollavano sulla chioma.
Era quello, ed era altro ancora; era il vento che azzannava
gli alberi; era la congerie confusa di nubi, la bava
di stelle sulla riva. Era l’ora che pareva dire
che se sapevi in che punto esatto del tempo si era, non avresti
mai piu’ chiesto nulla. Era quello. Senz’altro era quello.
Era anche l’evento mai avvenuto – un momento tanto pieno
che quando se ne andò, come doveva, nessun dolore riusciva
a contenerlo. Era la stanza che pareva la stessa
dopo tanti anni. Era quello. Era il cappello
dimenticato da lei, la penna che lei lasciò sul tavolo.
Era il sole sulla mia mano. Era il caldo del sole. Era come
sedevo, come attendevo per ore, per giorni. Era quello. Solo quello.

(Traduzione di Damiano Abeni)

What it was

I
It was impossible to imagine, impossible
Not to imagine; the blueness of it, the shadow it cast,
Falling downward, filling the dark with the chill of itself,
The cold of it falling out of itself, out of whatever idea
Of itself it described as it fell; a something, a smallness,
A dot, a speck, a speck within a speck, an endless depth
Of smallness; a song, but less than a song, something drowning
Into itself, something going, a flood of sound, but less
Than a sound; the last of it, the blank of it,
The tender small blank of it filling its echo, and falling,
And rising unnoticed, and falling again, and always thus,
And always because, and only because, once having been, it was…

II
It was the beginning of a chair;
It was the gray couch; it was the walls,
The garden, the gravel road; it was the way
The ruined moonlight fell across her hair.
It was that, and it was more. It was the wind that tore
At the trees; it was the fuss and clutter of clouds, the shore
Littered with stars. It was the hour which seemed to say
That if you knew what time it really was, you would not
Ask for anything again. It was that. It was certainly that.
It was also what never happened – a moment so full
That when it went, as it had to, no grief was large enough
To contain it. It was the room that appeared unchanged
After so many years. It was that. It was the hat
She’d forgotten to take, the pen she left on the table.
It was the sun on my hand. It was the sun’s heat. It was the way
I sat, the way I waited for hours, for days. It was that. Just that.

Tu non sai, da “L’anima innamorata”, Alda Merini

Tu non sai:
ci sono betulle che di notte
levano le loro radici
e tu non crederesti
mai che di notte gli alberi
camminano o diventano sogni.
Pensa che in un albero
c’è un violino d’amore.
Pensa che un albero
canta e ride.
Pensa che un albero
sta in un crepaccio
e poi diventa vita.
Te l’ho già detto:
i poeti non si redimono,
vanno lasciati volare
tra gli alberi
come usignoli
pronti a morire.

Oche selvatiche, Mary Oliver

Non devi essere buono.
Non devi trascinarti ginocchioni,
pentito, per cento miglia attraverso il deserto.
Devi soltanto permettere a quel mite animale, al tuo corpo, di amare ciò che ama.
Parlami della tua disperazione, io ti racconterò la mia.
Intanto, il mondo va avanti.
Intanto, il sole e gli splendenti sassolini della pioggia
attraversano i paesaggi,
passano sopra le praterie e gli alberi dalle profonde radici,
sopra le montagne e i fiumi.
Intanto, le oche selvatiche, alte nel limpido azzurro,
fanno nuovamente ritorno a casa.
Chiunque tu sia, per quanto tu possa essere solo,
il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti manda il suo richiamo come le oche selvatiche, aspro ed eccitante:
annuncia incessantemente la tua appartenenza
alla famiglia delle cose.

Wild Geese

You do not have to be good.
You do not have to walk on your knees
For a hundred miles through the desert, repenting.
You only have to let the soft animal of your body
love what it loves.
Tell me about despair, yours, and I will tell you mine.
Meanwhile the world goes on.
Meanwhile the sun and the clear pebbles of the rain
are moving across the landscapes,
over the prairies and the deep trees,
the mountains and the rivers.
Meanwhile the wild geese, high in the clean blue air,
are heading home again.
Whoever you are, no matter how lonely,
the world offers itself to your imagination,
calls to you like the wild geese, harsh and exciting —
over and over announcing your place
in the family of things.

Attesa, Raymond Carver

Esci dalla statale a sinistra e
scendi giù dal colle. Arrivato
in fondo, gira ancora a sinistra.
Continua sempre a sinistra. La strada
arriva a un bivio. Ancora a sinistra.
C’è un torrente, sulla sinistra.
Prosegui. Poco prima
della fine della strada incroci
un’altra strada. Prendi quella
e nessun’altra. Altrimenti
ti rovinerai la vita
per sempre. C’è una casa di tronchi
con il tetto di tavole, a sinistra.
Non è quella che cerchi. É quella
appresso, subito dopo
una salita. La casa
dove gli alberi sono carichi
di frutta. Dove flox, forsizia e calendula
crescono rigogliose. É quella
la casa dove, in piedi sulla soglia,
c’è una donna
con il sole nei capelli. Quella
che è rimasta in attesa
fino ad ora.
La donna che ti ama.
L’unica che può dirti:
“Come mai ci hai messo tanto?”

(Traduzione di Riccardo Duranti e Francesco Durante)

Waiting

Left off the highway and
down the hill. At the
bottom, hang another left.
Keep bearing left. The road
will make a Y. Left again.
There’s a creek on the left.
Keep going. Just before
the road ends, there’ll be
another road. Take it
and no other. Otherwise,
your life will be ruined
forever. There’s a log house
with a shake roof, on the left.
It’s not that house. It’s
the next house, just over
a rise. The house
where trees are laden with
fruit. Where phlox, forsythia,
and marigold grow. It’s
the house where the woman
stands in the doorway
wearing the sun in her hair. The one
who’s been waiting
all this time.
The woman who loves you.
The one who can say,
“What’s kept you?”

From All of Us: The Collected Poems (Alfred A. Knopf)

Orizzonte, Fernando Pessoa

Mare anteriore a noi, le tue paure
corallo e spiagge e alberete.
Sbendate la notte e la caligine,
le tormente passate e il mistero
si apriva in fiore la Lontananza, e il Sud siderale
splendeva sulle navi dell’iniziazione.

Linea severa della riva remota –
quando la nave si approssima, s’alza la costa
in alberi ove la Lontananza nulla aveva;
più vicino, s’apre la terra in suoni e colori:
e, allo sbarco, ci sono uccelli, fiori,
ove era solo, di lontano, l’astratta linea.

Il sogno è vedere le forme invisibili
della distanza imprecisa, e, con sensibili
movimenti della speranza e della volontà,
cercare sulla linea fredda dell’ orizzonte
l’albero, la spiaggia, il fiore, l’uccello, la fonte –
i baci meritati della Verità.

(Da “Poesie Scelte” a cura di Luigi Panarese, Passigli Editori 2006)

Horizonte

Ó mar anterior a nós, teus medos
Tinham coral e praias e arvoredos.
Desvendadas a noite e a cerração,
As tormentas passadas e o mistério,
Abria em flor o Longe, e o Sul sidéreo
‘Splendia sobre as naus da iniciaçào.

Linha severa da longínqua costa –
Quando a nau se aproxima, ergue-se a encosta
Em árvores onde o Longe nada tinha;
Mais perto, abre-se a terra em sons e cores:
E, no desembarcar, há aves, flores,
Onde era só, de longe, a abstracta linha.

O sonho é ver as formas invisíveis
Da distancia imprecisa, e, com sensíveis
Movimentos da esp’rança e da vontade,
Buscar na linha fria do horizonte
A árvore, a praia, a flor, a ave, a fonte –
Os beijos merecidos da Verdade.

Per Tess, Raymond Carver

Giù nello Stretto le onde schiumano
come dicono qui. Il mare è mosso e meno male
che non sono uscito. Sono contento d’aver pescato
tutto il giorno a Morse Creek, trascinando avanti
e indietro un Daredevil rosso. Non ho preso niente.
Neanche un morso. Ma mi sta bene così. E’ stato bello!
Avevo con me il temperino di tuo padre e sono stato seguito
per un po’ da una cagnetta che i padroni chiamavano Dixie.
A volte mi sentivo così felice che dovevo smettere
di pescare. A un certo punto mi sono sdraiato sulla sponda
e ho chiuso gli occhi per ascoltare il rumore che faceva l’acqua
e il vento che fischiava sulla cima degli alberi. Lo stesso vento
che soffia giù nello Stretto, eppure è diverso.
Per un po’ mi son lasciato immaginare che ero morto
e mi stava bene anche quello, almeno per un paio
di minuti, finché non me ne sono ben reso conto: Morto.
Mentre me ne stavo lì sdraiato a occhi chiusi,
dopo essermi immaginato come sarebbe stato
se non avessi davvero potuto più rialzarmi, ho pensato a te.
Ho aperto gli occhi e mi sono alzato subito
e son ritornato a esser contento.
E’ che te ne sono grato, capisci. E te lo volevo dire.

For Tess

Out on the Strait the water is whitecapping
As they say here. It’s rough and I’m glad
I’m not out. Glad I fished all day
on Morse Creek, casting a red Daredevil back
and forth. I didn’t catch anything. No bites
even, not one. But it was okay. It was fine!
I carried your dad’s pocketknife and was followed
for awhile by a dog its owner called Dixie.
At times I felt so happy I had to quit
fishing. Once I lay on the bank with my eyes closed,
listening to the sound the water made,
and to the wind in the tops of the trees. The same wind
that blows out on the Strait, but a different wind, too.
For awhile I even let myself imagine that I had died –
and that was all right, at least for a couple
of minutes, until it really sank in: Dead.
As I was laying there with my eyes closed,
just after I’d imagined what it might be like
if in fact I never got up again, I thought of you.
I opened my eyes then and got right up
and went back to being happy again
I’m grateful to you, you see. I wanted to tell you.

Aubade, da “Balistica”, Billy Collins

Se vivessi nella casa di fronte a me
e se fossi seduto al buio
sul bordo del letto
alle cinque del mattino,

mi potrei chiedere che cosa ci fa
la luce accesa nel mio studio a quest’ora,
eppure eccomi alla mia scrivania
nel mio studio a chiedermi la stessa identica cosa.

So che non dovevo alzarmi così presto
per aprire con un coltellino
i pacchi di giornali all’edicola
come potrebbe pensare l’uomo della casa di fronte.

È ovvio che non sono un agricoltore o un lattaio.
E non sono l’uomo della casa di fronte
che siede al buio perché sonno
è sua madre e lui è uno dei suoi tanti orfani.

Forse sono sveglio solo per ascoltare
il tenue stridulo tintinnio,
del tungsteno nell’unica lampadina
che ha lo stesso suono del fruscio degli alberi.

O il mio compito è solo quello di stare seduto immobile
come il bicchiere d’acqua sul comodino
dell’uomo della casa di fronte,
immobile con la fotografia di mia moglie in cornice?

Ma ecco il primo uccello che consegna il suo canto,
ed ecco il motivo del mio essere in piedi:
per catturare la canzone di tre note di quell’uccello
e aspettare ora assieme a lui una risposta.

Aubade

If I lived across the street from myself
and I was sitting in the dark
on the edge of the bed
at five o’clock in the morning,

I might be wondering what the light
was doing on in my study at this hour,
yet here I am at my desk
in the study wondering the very same thing.

I know I did not have to rise so early
to cut open with a penknife
the bundles of papers at a newsstand
as the man across the street might be thinking.

Clearly, I am not a farmer or a milkman.
And I am not the man across the street
who sits in the dark because sleep
is his mother and he is one of her many orphans.

Maybe I am awake just to listen
to the faint, high-pitched ringing
of tungsten in the single lightbulb
which sounds like the rustling of trees.

Or is it my job simply to sit as still
as the glass of water on the night table
of the man across the street,
as still as the photograph of my wife in a frame?

But there’s the first bird to deliver his call,
and there’s the reason I am up —
to catch the three-note song of that bird
and now to wait with him for some reply.

Dinosauria, noi, da “The Last Night of the Earth Poems”, Charles Bukowski

Nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora Morte che se la ride
mentre gli ascensori si rompono
mentre gli orizzonti politici si dissolvono
mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea
mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa
e il sole è mascherato

siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra queste guerre attentamente matte
tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto
in mezzo a bar dove le persone non non si parlano più
nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate
siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
nati in mezzo a tutto questo
ci muoviamo e viviamo in tutto ciò
a causa di tutto questo moriamo
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
ingannati da questo
usati da questo
pisciati addosso da questo
resi pazzi e malati da questo
resi violenti
resi inumani
da questo
il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare
siamo nati in questo essere letale triste
siamo nati in un governo in debito di 60 anni
che presto non potrà nemmeno pagare gli interessi su quel debito
e le banche bruceranno
il denaro sarà inutile
ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine
resteranno solo pistole e folle di sbandati
la terra sarà inutile
il cibo diventerà un rendimento decrescente
l’energia nucleare finirà in mano alle masse
il pianeta sarà scosso da un’esplosione dopo l’altra
uomini robot radioattivi si inseguiranno l’un l’altro
il ricco e lo scelto staranno a guardare da piattaforme spaziali
l’inferno di Dante sarà fatto per somigliare a un parco giochi per bambini
il sole sarà invisibile e sarà la notte eterna
gli alberi moriranno
e tutta la vegetazione morirà
uomini radioattivi si nutriranno della carne di uomini radioattivi
il mare sarà avvelenato
laghi e fiumi spariranno
la pioggia sarà il nuovo oro
la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento oscuro
gli ultimi pochi superstiti saranno oppressi da malattie nuove ed orrende
e le piattaforme spaziali saranno distrutte dalla collisione
il progressivo esaurimento di provviste
l’effetto naturale della decadenza generale
e il più bel silenzio mai ascoltato
nascerà da tutto questo.
il sole nascosto
attenderà il capitolo successivo.

Dinosauria, we

born like this
into this
as the chalk faces smile
as Mrs. Death laughs
as the elevators break
as political landscapes dissolve
as the supermarket bag boy holds a college degree
as the oily fish spit out their oily prey
as the sun is masked

we are
born like this
into this
into these carefully mad wars
into the sight of broken factory windows of emptiness
into bars where people no longer speak to each other
into fist fights that end as shootings and knifings
born into this
into hospitals which are so expensive that it’s cheaper to die
into lawyers who charge so much it’s cheaper to plead guilty
into a country where the jails are full and the madhouses closed
into a place where the masses elevate fools into rich heroes
born into this
walking and living through this
dying because of this
muted because of this
castrated
debauched
disinherited

because of this
fooled by this
used by this
pissed on by this
made crazy and sick by this
made violent
made inhuman
by this

the heart is blackened
the fingers reach for the throat
the gun
the knife
the bomb
the fingers reach toward an unresponsive god

the fingers reach for the bottle
the pill
the powder

we are born into this sorrowful deadliness
we are born into a government 60 years in debt
that soon will be unable to even pay the interest on that debt
and the banks will burn
money will be useless
there will be open and unpunished murder in the streets
it will be guns and roving mobs
land will be useless
food will become a diminishing return
nuclear power will be taken over by the many
explosions will continually shake the earth
radiated robot men will stalk each other
the rich and the chosen will watch from space platforms
Dante’s Inferno will be made to look like a children’s playground

the sun will not be seen and it will always be night
trees will die
all vegetation will die
radiated men will eat the flesh of radiated men
the sea will be poisoned
the lakes and rivers will vanish
rain will be the new gold

the rotting bodies of men and animals will stink in the dark wind

the last few survivors will be overtaken by new and hideous diseases
and the space platforms will be destroyed by attrition
the petering out of supplies
the natural effect of general decay

and there will be the most beautiful silence never heard

born out of that.

the sun still hidden there

awaiting the next chapter.

Stirpe di isole, Juan Vicente Piqueras

Ci prendono per navi e siamo isole.

Intricate, deserte, che tesori
possiamo offrire a quelli che non giungono?

La nostra costa è dura. Il nostro faro
di voce anzichè luce
non attira, spaventa
e nessun marinaio perduto nella notte
toccherà le spiagge nostre dove ancora
fanno male le orme di quel naufrago
che sapeva del nostro deserto.

La notte, ogni notte, ci promette e ci nega
la strada del ritorno, il tornaviaggio,
l’amore che ci salvi da noi stessi
e la parola che sia detta per sempre.

Ci sono in noi alberi senza nome
stanchi di far ombra e crescere da soli.

Coloro che non partono ma soffrono
di sete di scogliera, amano i porti,
salpano nel sonno, cercano un’altra sete
per appagare la prima, ci osservano,
ci vedono come navi, felici.

Siamo isole.

Raza de islas

Y tomados por barcos somos islas.

Desiertas, intrincadas, ¿qué tesoros
podemos ofrecer a quien no llega?

Nuestra costa es difícil. Nuestro faro
de voz en vez de luz
asusta más que atrae
y ningún marinero perdido en cualquier noche
llegará a nuestras playas donde aún duelen
las huellas de aquel náufrago
que nos supo a desiertos.

La noche, noche a noche, nos promete y nos niega
el rumbo del regreso, el tornaviaje,
el amor que nos salve de nosotros
y la palabra dicha para siempre.

Hay en nosotros árboles sin nombre
cansados de su sombra y de crecer a solas.

Aquellos que no parten pero sufren
de sed acantilada, aman los puertos,
zarpan en sueños, buscan otra sed
donde saciar la suya, nos contemplan,
nos ven naves, felices.

Somos islas.

La felicità, Jorge Luis Borges

Chi abbraccia una donna è Adamo. La donna è Eva.
Tutto accade per la prima volta.
Ho visto una cosa bianca in cielo. Mi dicono che è la luna, ma
che posso fare con una parola e con una mitologia?

Gli alberi mi fanno un poco paura. Sono così belli.
I tranquilli animali si avvicinano perché io gli dica il loro nome.
I libri della biblioteca sono senza lettere. Se li apro appaiono.
Sfogliando l’Atlante progetto la forma di Sumatra.

Chi accende un fiammifero al buio sta inventando il fuoco.
Nello specchio c’è un altro che spia.
Chi guarda il mare vede l’Inghilterra.
Chi pronuncia un verso di Liliencron partecipa alla battaglia.

Ho sognato Cartagine e le legioni che desolarono Cartagine.
Ho sognato la spada e la bilancia.
Sia lodato l’amore che non ha né possessore né posseduta, ma entrambi si donano.
Sia lodato l’incubo che ci rivela che possiamo creare l’Inferno.

Chi si bagna in un fiume si bagna nel Gange.
Chi guarda una clessidra vede la dissoluzione di un impero.
Chi maneggia un pugnale prevede la morte di Cesare.
Chi dorme è tutti gli uomini.

Ho visto nel deserto la giovane Sfinge appena scolpita.
Non c’è nulla di antico sotto il sole.
Tutto accade per la prima volta, ma in un modo eterno.
Chi legge le mie parole sta inventandole.

La dicha

El que abraza a una mujer es Adán. La mujer es Eva.
Todo sucede por primera vez.
He visto una cosa blanca en el cielo. Me dicen que es la
luna, pero qué puedo hacer con una palabra y con una mitología.
Los árboles me dan un poco de miedo. Son tan hermosos.
Los tranquilos animales se acercan para que yo les diga su nombre.
Los libros de la biblioteca no tienen letras. Cuando los abro surgen.
Al hojear el atlas proyecto la forma de Sumatra.
El que prende un fósforo en el oscuro está inventando el fuego.
En el espejo hay otro que acecha.
El que mira el mar ve a Inglaterra.
El que profiere un verso de Liliencron ha entrado en la batalla.
He soñado a Cartago y a las legiones que desolaron a Cartago.
He soñado la espada y la balanza.
Loado sea el amor en el que no hay poseedor ni poseída,
pero los dos se entregan.
Loada sea la pesadilla, que nos revela que podemos crear el infierno.
El que desciende a un río desciende al Ganges.
El que mira un reloj de arena ve la disolución de un imperio.
El que juega con un puñal presagia la muerte de César.
El que duerme es todos los hombres.
En el desierto vi la joven Esfinge, que acaban de labrar.
Nada hay tan antiguo bajo el sol.
Todo sucede por primera vez, pero de un modo eterno.
El que lee mis palabras está inventándolas.