Manx, da “Sui gatti” (2015), Charles Bukowski

questa è come la scoperta
dell’acqua calda.
non bisogna essere
dei geni
per capire che
stiamo sbagliando ancora.
ridiamo sempre meno,
diventiamo sempre più equilibrati.
tutto ciò che vogliamo è
l’assenza degli altri.
persino la musica classica
è stata ascoltata troppo spesso,
i libri belli sono stati
letti.
sospettiamo ancora
come abbiamo fatto fin dall’inizio
che siamo
strani, deformi e che non andiamo bene
da nessuna parte qui…
mentre scriviamo questo
c’è un terribile ronzio
qualcosa di plana sui
capelli
si conficca lì.
solleviamo una mano
tiriamo freneticamente
mentre ci morde le dita,
che dannata cosa insignificante
è mai questa
nel bel mezzo
della notte?
adesso se ne è andata…

c’è una porta scorrevole
di vetro
e vediamo fuori
un bianco Manx seduto lì
con un occhio strabico.
ha la lingua penzoloni
di lato.
apriamo la porta
e lui scivola dentro
le zampe anteriori corrono
in una direzione, quelle dietro
nell’altra.
riesce ad arrivare verso di noi
con un’angolazione maldestra
salta sulle nostre gambe
sul nostro petto
piazza le sue zampe anteriori
come fossero braccia
vicino alle nostre spalle
pianta il muso
piuttosto vicino al nostro naso
e ci guarda
nel modo migliore che può;
confusi come lui, gli restituiamo lo sguardo.

qualche sera,
vecchio ragazzo,
qualche volta,
in qualche modo.
intrappolati insieme
qui.

sorridiamo ancora
come facevamo un tempo.
di colpo il Manx
salta via
correndo sghembo
sul tappeto
inseguendo qualcosa
che nessuno di noi
può vedere.

Manoscritto del 23 dicembre 1979; pubblicato nella raccolta “Open All Night” – Traduzione di Simona Viciani

Manx

this is just a long call
from a short space.
it doesn’t engender up
any special brilliance
to know that
we are going wrong again.
we laugh less and less,
become more sane.
all we want is
the absence of others.
even the classical music
has been heard too often,
the good books have been
read.
we suspect again
as we did in the beginning
that we are
odd, deformed, fit
nowhere here…
as we write this
there is an ugly buzzing
something lands in our
hair
becomes imbedded there.
we reach up
yank it free
as it bites our finger.
what damned nonentity
is this
in the middle of
the night?
it’s gone…

there is a sliding
glass door
and we see outside
a white Manx sitting there
with one cross-eye.
his tongue sticks out
sidewise.
we pull the door open
and he slides in
front legs running
in one direction,
rear
in the other.

he makes it toward us
in a scurvy angle
runs up our legs
our chest
places front legs
like arms
near our shoulders
sticks his snout
quite near our nose
and looks at us
best he can;
also befuddled,
we look back.

some night,
old boy,
some time,
some way.
stuck together
here.

we smile again
like we used to.
suddenly the Manx
leaps away
scattering across the
rug sideways
chasing something
that none of us
can see.

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CATcerto, original performance. Mindaugas Piečaitis, Nora The Piano Cat

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