Canada, da “A vela in solitaria intorno alla stanza” (2013), Billy Collins

Scrivo questo su una striscia di corteccia di betulla bianca
che ho tagliato da un albero con un temperino.
Non c’è altro modo per esprimere adeguatamente
l’immensità delle nubi che corrono sulle fattorie
e sui laghi fra i boschi dell’Ontario e l’illimitata visibilità
che ti offre, su un piatto di portata, l’orizzonte.

E scrivo questo in una canoa di legno,
punto di equilibrio in mezzo al lago Couchiching,
appoggiando la corteccia di betulla alle ginocchia.
Sento le mani del sole sulla schiena nuda,
ma penso all’inverno,
la neve ammucchiata in tutte le province
e alla solennità delle lunghe navi che trasportano grano
che passano i freddi mesi ormeggiate a Owen Sound.

O Canada, come dice l’inno,
scenario delle mie estati d’infanzia,
tu sei il pacchetto di Sweet Caporals sul tavolo.
tu sei il morbido fischio di colomba del treno nella notte,
tu sei la sedia vuota in fondo al molo vuoto.
Tu sei gli scaffali di libri in un cottage sul lago:
Dono dal mare di Anne Morrow Lindbergh,
Il giardino dei versi di Robert Louis Stevenson,
Anna dai capelli rossi di L.M. Montgomery,
Allora vai a Parigi! di Clara E. Laughlin,
e Pericolo sull’aeroporto, uno
della serie Vicky Barr, l’assistente di volo,
di Helen Wells che qualcuno ricorderà
come autrice delle storie dell’infermiera Cherry Ames.

Che ne è stato delle svenevoli ragazze
che trascorrevano le lunghe molli sere estive a leggere
Cherry Ames, studentessa infermiera, Cherry Ames infermiera senior,
Cherry Ames, capoinfermiera, e Cherry Ames, infermiera del cielo?

Dove sono ora, quelle che condividevano le sue avventure
di infermiera dei veterani, infermiera personale, infermiera a domicilio,
infermiera di crociera, infermiera di notte, infermiera di montagna,
infermiera del cittadino in vacanza nel ranch (c’è ben poco che non abbia fatto),
infermiera dell’ospizio, infermiera del grande magazzino,
infermiera del convitto, infermiera della scuola, infermiera del dottore di campagna?

O Canada, non ti ho dimenticato,
e mentre mi inginocchio nella canoa, trattenendo l’immagine
di uno scaffale di libri, prego di restare nella tua sconfinata,
polare, memoria nordamericana.
Tu sei la pagaia, le ciaspole, il cottage fra i pini,
tu sei Giovanni di Brébeuf con la sua collana del martirio fatta di teste di scure.
Tu sei l’alce nella radura e la testa di alce appesa al muro.
Tu sei le rapide, l’elica, la lampada a kerosene.
Tu sei la polvere che ricopre le bacche lungo la strada.
Ma non solo quello.
Tu sei i due ragazzini con i secchi che camminano lungo quella strada
e uno di loro, quello più alto senza il cappello di paglia, sono io.

(Traduzione di Franco Nasi)

Billy Collins una volta disse in un’intervista che pensava alla poesia come a un “mezzo di trasporto”. “Entro la fine della poesia, il lettore dovrebbe trovarsi in un posto diverso da dove ha iniziato. Vorrei che alla fine fosse leggermente disorientato, come se lo portassi fuori città di notte e lo lasciassi in un campo di grano”.
In effetti questa poesia può essere letta come un viaggio fantasioso. Trasporta il lettore in un altro paese e include dettagli sul luogo mentre esplora questioni di memoria e identità.

Canada

I am writing this on a strip of white birch bark
that I cut from a tree with a penknife.
There is no other way to express adequately
the immensity of the clouds that are passing over the farms
and wooded lakes of Ontario and the endless visibility
that hands you the horizon on a platter.

I am also writing this in a wooden canoe,
a point of balance in the middle of Lake Couchiching,
resting the birch bark against my knees.
I can feel the sun’s hands on my bare back,
but I am thinking of winter,
snow piled up in all the provinces
and the solemnity of the long grain-ships
that pass the cold months moored at Owen Sound.

O Canada, as the anthem goes,
scene of my boyhood summers,
you are the pack of Sweet Caporals on the table,
you are the dove-soft train whistle in the night,
you are the empty chair at the end of an empty dock.
You are the shelves of books in a lakeside cottage:
Gift from the Sea by Anne Morrow Lindbergh,
A Child’s Garden of Verses by Robert Louis Stevenson,
Ann of Avonlea by L. M. Montgomery,
So You’re Going to Paris! by Clara E. Laughlin,
and Peril Over the Airport, one
of the Vicky Barr Flight Stewardess series
by Helen Wills whom some will remember
as the author of the Cherry Ames Nurse stories.

What has become of the languorous girls
who would pass the long limp summer evenings reading
Cherry Ames, Student Nurse, Cherry Ames, Senior Nurse,
Cherry Ames, Chief Nurse, and Cherry Ames, Flight Nurse?

Where are they now, the ones who shared her adventures
as a veterans’ nurse, private duty nurse, visiting nurse,
cruise nurse, night supervisor, mountaineer nurse,
dude ranch nurse (there is little she has not done),
rest home nurse, department store nurse,
boarding school nurse, and country doctor’s nurse?

O Canada, I have not forgotten you,
and as I kneel in my canoe, beholding this vision
of a bookcase, I pray that I remain in your vast,
polar, North American memory.
You are the paddle, the snowshoe, the cabin in the pines.
You are Jean de Brébeuf with his martyr’s necklace of hatchet heads.
You are the moose in the clearing and the moosehead on the wall.
You are the rapids, the propeller, the kerosene lamp.
You are the dust that coats the roadside berries.
But not only that.
You are the two boys with pails walking along that road,
and one of them, the taller one minus the straw hat, is me.

Billy Collins, “Canada” from The Art of Drowning (1995)

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This performance, by the Chamber Orchestra of Europe and the director Yannick Nézet-Séguin, was recorded the 07/02/2017 in the Grande Salle Pierre Boulez to the Philharmonie de Paris – 26 feb 2017

Una ghiandaia azzurra d’inverno, da “Rivers to the Sea” (1915), Sara Teasdale

Crocchiante la neve brillante sussurrava,
scricchiolando sotto i nostri piedi;
Dietro di noi mentre camminavamo lungo la strada panoramica,
le nostre ombre danzavano,
forme fantastiche in un blu vivido.
Attraverso il lago i pattinatori
volavano avanti e indietro,
con curve strette tessendo
una fragile rete invisibile.
In estasi la terra
bevve la luce argentea del sole;
In estasi i pattinatori
bevvero il vino della velocità;
In estasi ridevamo
Bevendo il vino dell’amore.
La musica della nostra gioia non aveva forse
suonato la sua nota più alta?
Ma no,
perché all’improvviso, con gli occhi alzati, hai detto:
“Oh guarda!”
Là, sul nero ramo di un acero macchiato di neve,
impavido e allegro come il nostro amore,
Una ghiandaia azzurra ha alzato la cresta!
Oh chi può dire la portata della gioia
O definire i limiti della bellezza?

A Winter Bluejay

Crisply the bright snow whispered,
Crunching beneath our feet;
Behind us as we walked along the parkway,
Our shadows danced,
Fantastic shapes in vivid blue.
Across the lake the skaters
Flew to and fro,
With sharp turns weaving
A frail invisible net.
In ecstacy the earth
Drank the silver sunlight;
In ecstacy the skaters
Drank the wine of speed;
In ecstacy we laughed
Drinking the wine of love.
Had not the music of our joy
Sounded its highest note?
But no,
For suddenly, with lifted eyes you said,
“Oh look!”
There, on the black bough of a snow flecked maple,
Fearless and gay as our love,
A bluejay cocked his crest!
Oh who can tell the range of joy
Or set the bounds of beauty?

Giorno di neve, da “A vela in solitaria intorno alla stanza”(2013), Billy Collins

Oggi ci siamo svegliati con una rivoluzione di neve,
le sue bianche bandiere sventolavano su tutto,
il paesaggio svanisce,
non un topo punteggia la vacuità,
e oltre queste finestre

gli edifici pubblici soffocati,
scuole e biblioteche sepolte, l’ufficio postale perso
sotto il turbine silenzioso,
le strade dei treni dolcemente interrotte,
il mondo caduto sotto questo cadere.

Tra poco infilerò degli stivali
e uscirò come uno che cammina sull’acqua,
e il cane salterà come un delfino tra i mucchi,
e io scuoterò un ramo carico
e farò cadere su noi due una fredda doccia.

Ma per ora sono prigioniero volontario in questa casa,
un simpatizzante della causa anarchica della neve.
Mi farò un bricco di tè
e ascolterò la radio di plastica sul piano della cucina,
felice come tutti di sentire la notizia
che la Scuola dei Bambini dell’Angolo è chiusa,
la Scuola Din Don, chiusa,
la Scuola Tutti a Bordo, chiusa,
l’Asilo nido Hi-Ho, chiuso,
insieme con – a qualcuno farà piacere saperlo –

la Scuola Il Fungo, la Piccola Scuola,
l’Asilo Nido I Piccoli Passeri,
la Scuola per l’Infanzia Le Stelline, la Scuola a tempo pieno Piselli e Carote,
il centro per il bambino Pollicino, tutti chiusi,
e – applausi – la Scuola Ricreativa Noccioline.

Allora è qui dove i bambini si nascondono di giorno.
Sono questi i nidi dove scrivono a stampatello e disegnano,
dove indossano le loro vivaci giacche in miniatura,
dove tutti sfrecciano, scalano e scivolano,
tutti tranne qualche bambina che bisbiglia accanto alla staccionata.

E ora ascolto attento
nel grandioso silenzio della neve,
e mi sforzo di sentire quel che le tre bambine complottano,
quale rivolta è in arrivo,
quale reginetta sta per essere scalzata.

(Traduzione di Franco Nasi)

Snow Day

Today we woke up to a revolution of snow,   
its white flag waving over everything,
the landscape vanished,
not a single mouse to punctuate the blankness,   
and beyond these windows

the government buildings smothered,
schools and libraries buried, the post office lost   
under the noiseless drift,
the paths of trains softly blocked,
the world fallen under this falling.

In a while, I will put on some boots
and step out like someone walking in water,   
and the dog will porpoise through the drifts,   
and I will shake a laden branch
sending a cold shower down on us both.

But for now I am a willing prisoner in this house,   
a sympathizer with the anarchic cause of snow.   
I will make a pot of tea
and listen to the plastic radio on the counter,   
as glad as anyone to hear the news

that the Kiddie Corner School is closed,   
the Ding-Dong School, closed.
the All Aboard Children’s School, closed,   
the Hi-Ho Nursery School, closed,
along with—some will be delighted to hear—

the Toadstool School, the Little School,
Little Sparrows Nursery School,
Little Stars Pre-School, Peas-and-Carrots Day School   
the Tom Thumb Child Center, all closed,
and—clap your hands—the Peanuts Play School.

So this is where the children hide all day,
These are the nests where they letter and draw,   
where they put on their bright miniature jackets,   
all darting and climbing and sliding,
all but the few girls whispering by the fence.

And now I am listening hard
in the grandiose silence of the snow,
trying to hear what those three girls are plotting,   
what riot is afoot,
which small queen is about to be brought down.

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Chris Rea – “Winter Song” from the compilation album “Still So Far to Go: The Best of Chris Rea” 2009

Fermandosi accanto a un bosco in una sera di neve, da “Conoscenza della notte e altre poesie” (1988), Robert Frost

Di chi sia il bosco credo di sapere.
Ma la sua casa è in paese: così
Egli non vede che mi fermo qui
A guardare il suo bosco riempirsi di neve.

Troverà strano il mio cavallino
Fermarsi senza una casa vicino
Tra il bosco e il lago gelato
La sera più buia dell’anno.

Dà una scrollata al suo sonaglio
Per domandare se c’è uno sbaglio:
Il solo altro suono è il fruscio
Del vento lieve, dei soffici fiocchi.

Bello è il bosco, buio e profondo,
Ma io ho promesse da non tradire,
E miglia da fare prima di dormire,
E miglia da fare prima di dormire.

(Traduzione di Giovanni Giudici)

Il significato più profondo in ” Stopping by Woods …”:
Il narratore racconta di come un giorno si ferma nella foresta ricoperta da uno strato di neve mentre torna al suo villaggio e ne descrive la bellezza. Ma succede molto di più di un semplice uomo che torna a casa in inverno.
Alcune interpretazioni suggeriscono che il cavallo è effettivamente il narratore, o almeno, è nella stessa mentalità del narratore, facendo eco ai suoi pensieri. Il tema centrale della poesia è il viaggio della vita e le distrazioni che si presentano lungo il percorso. In altre parole: “c’è così poco tempo e così tanto da fare”.
Un’altra interpretazione è che la poesia descrive Babbo Natale che sta passando per i boschi. Il periodo di tempo qui descritto è il solstizio d’inverno, quando presumibilmente si sta dirigendo verso il villaggio. Il cavallo potrebbe rappresentare la renna. Sembra possibile che il narratore possa essere Babbo Natale quando riflette su “promesse da mantenere” e “miglia da percorrere prima di dormire”.

Stopping by Woods on a Snowy Evening

Whose woods these are I think I know.
His house is in the village though;
He will not see me stopping here
To watch his woods fill up with snow.

My little horse must think it queer
To stop without a farmhouse near
Between the woods and frozen lake
The darkest evening of the year.

He gives his harness bells a shake
To ask if there is some mistake.
The only other sound’s the sweep
Of easy wind and downy flake.

The woods are lovely, dark and deep,
But I have promises to keep,
And miles to go before I sleep,
And miles to go before I sleep.

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Jarrod Radnich – A Mad Russian’s Christmas – VPS

Notte, da “Gli amorosi incanti”, Sara Teasdale

Sulla neve alte le stelle –
dietro una stella che a occidente brilla
un pianeta lento oscilla –
tu cerca il bello –
cerca, e lo troverai:
non è lontano, non lo sarà mai.

(Traduzione di Silvio Raffo)

Night

Stars over snow,
And in the west a planet
Swinging low below a star—
Look for a lovely thing and you will find it,
It is not far—
It never will be far.

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Jarrod Radnich – Christmas Canon (Pachelbel’s Canon in D) – VPS

Nuovi piedi corrono per il mio giardino, Emily Dickinson

Nuovi piedi corrono per il mio giardino –
nuove dita smuovono la terra –
un trovatore sull’olmo
tradisce la solitudine.

Nuovi bambini giocano sul prato –
nuovi stanchi dormono sotto –
e ancora la primavera pensosa ritorna –
e ancora la neve puntuale!

(Traduzione di Massimo Bacigalupo)
Nota del traduttore:
Il sentimento della primavera evocato da una serie di immagini che si concludono con il presentimento dell’inverno. In realtà ogni distico affianca a un motivo primaverile un’allusione alla morte (quasi ogni verso è costituito da una frase completa).

New Feet Within My Garden Go 

New feet within my garden go –
New fingers stir the sod –
A Troubadour upon the Elm
Betrays the solitude.

New Children play upon the green –
New Weary sleep below –
And still the pensive Spring returns –
And still the punctual snow!
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Chopin Minute Waltz / Minutenwalzer Op. 64 No. 1 in D-flat major played by Anastasia Huppmann

Il volo, da “Gli amorosi incanti” (2010), Sara Teasdale

Due aquile noi siamo,
insieme sopra i cieli
sopra i monti
voliamo.
Le ali tese al vento,
il sole ci rincuora.
La neve il nostro sguardo
offusca lentamente
e un vortice di nuvole
ci segue evanescente.

Due aquile noi siamo,
ma se verrà la Morte
umani e rassegnati
insieme noi vorremmo
andarcene appagati.
Che né l’uno né l’altro resti solo –
questa fine abbia il volo,
così si estingua il fuoco,
così il libro si chiuda.

(Traduzione di Silvio Raffo)

The Flight

We are two eagles
Flying together
Under the heavens,
Over the mountains,
Stretched on the wind.
Sunlight heartens us,
Blind snow baffles us,
Clouds wheel after us
Ravelled and thinned.

We are like eagles,
But when Death harries us,
Human and humbled
When one of us goes,
Let the other follow,
Let the flight be ended,
Let the fire blacken,
Let the book close.

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Maksim’s video “Ballet Moderne”, featuring Yasmine Naghdi and the Girl Band Storm

Giorni, da “A vela in solitaria intorno alla stanza” (2013), Billy Collins

Non c’è dubbio, ciascuno è un dono,
messo misteriosamente fra le tue mani che si svegliano
o disposto sulla tua fronte
un attimo prima che tu apra gli occhi.

L’oggi comincia freddo e luminoso,
il terreno appesantito dalla neve
e dalla spessa muraglia di ghiaccio,
mentre il sole filtra fra torrette di nubi.

Dall’occhio calmo della finestra
tutto è al proprio posto
ma in modo così precario
questo giorno sembra adagiarsi

su quello precedente,
tutti i giorni del passato impilati
come in una impossibile torre di piatti
che i giocolieri costruivano sul palco.

Non c’è da stupirsi se ti ritrovi
appollaiato in cima a un’alta scala
con la speranza di aggiungerne un altro.
Solo un altro mercoledì,

sussurri,
poi trattenendo il fiato,
metti questa tazza sul piattino di ieri
senza il minimo tintinnio.

(Traduzione di Franco Nasi)

Days

Each one is a gift, no doubt,
mysteriously placed in your waking hand
or set upon your forehead
moments before you open your eyes.

Today begins cold and bright,
the ground heavy with snow
and the thick masonry of ice,
the sun glinting off the turrets of clouds.

Through the calm eye of the window
everything is in its place
but so precariously
this day might be resting somehow

on the one before it,
all the days of the past stacked high
like the impossible tower of dishes
entertainers used to build on stage.

No wonder you find yourself
perched on the top of a tall ladder
hoping to add one more.
Just another Wednesday,

you whisper,
then holding your breath,
place this cup on yesterday’s saucer
without the slightest clink.

Paesaggio invernale con corvi, Sylvia Plath

L’acqua del canale, da una chiusa in pietra,
si getta dentro quello stagno nero
dove, fuori stagione, assurdamente,
un cigno solitario, casto come neve,
galleggia, dileggio per la mente
opaca, che brama di trascinarne
a fondo il riflesso bianco.

Il sole, l’occhio arancio di un ciclope,
austero, scende dietro l’acquitrino,
non si degna di ammirare più a lungo
una simile desolazione;
nere piume di pensieri, mi aggiro come un corvo,
tetra, nella tenebra che cala
invernale.

I giunchi dell’estate scorsa sono fissi
nel ghiaccio come la figura
di te nel mio occhio; arido gelo
imbrina la finestra della mia ferita;
che conforto verrà dalla roccia
se la percuoteremo, perché si rinverdisca
il deserto del cuore?
Chi vorrebbe
addentrarsi in questo squallore?

(Traduzione di Marco Malvestio)

Winter landscape, with rooks

Water in the millrace, through a sluice of stone,
plunges headlong into that black pond
where, absurd and out-of-season, a single swan
floats chaste as snow, taunting the clouded mind
which hungers to haul the white reflection down.

The austere sun descends above the fen,
an orange cyclops-eye, scorning to look
longer on this landscape of chagrin;
feathered dark in thought, I stalk like a rook,
brooding as the winter night comes on.

Last summer’s reeds are all engraved in ice
as is your image in my eye; dry frost
glazes the window of my hurt; what solace
can be struck from rock to make heart’s waste
grow green again? Who’d walk in this bleak place?

La sola cosa, Czesław Miłosz

La foresta nei colori d’autunno sopra la valle.
Un viandante arriva condotto qui da una mappa
O forse dalla memoria. Una volta, molto tempo fa, col sole,
Quando cadde la prima neve, passando di qua,
Provò gioia forte senza un perché,
La gioia degli occhi. Tutto era un ritmo:
Alberi che sfilavano, un uccello in volo,
Un treno sul viadotto, una festa del movimento.
Torna dopo anni e non chiede nulla.
Desidera la sola cosa preziosa:
Essere soltanto uno sguardo puro senza nome,
Senza aspettative, né paure, né speranze,
Per stare a quella soglia dove non c’è più io e non-io.

This Only

A valley and above it forests in autumn colors.
A voyager arrives, a map leads him there.
Or perhaps memory. Once long ago in the sun,
When snow first fell, riding this way
He felt joy, strong, without reason,
Joy of the eyes. Everything was the rhythm
Of shifting trees, of a bird in flight,
Of a train on the viaduct, a feast in motion.
He returns years later, has no demands.
He wants only one, most precious thing:
To see, purely and simply, without name,
Without expectations, fears, or hopes,
At the edge where there is no I or not-I.

(Translated from Polish by Robert Hass)