Farfalla azzurra, Hermann Hesse

Piccola, azzurra aleggia
una farfalla, il vento la agita,
un brivido di madreperla
scintilla, tremola, trapassa.
Così nello sfavillio d’un momento,
così nel fugace alitare,
vidi la felicità farmi un cenno
scintillare, tremolare, trapassare.

Blauer Schmetterling

Flügelt ein kleiner blauer
Falter vom Wind geweht,
Ein perlmutterner Schauer,
Glitzert, flimmert, vergeht.
So mit Augenblicksblinken,
So im Vorüberwehn
Sah ich das Glück mir winken,
Glitzern, flimmern, vergehn.

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Gnossiennes No.1, No. 3, Gymnopédies No.1, Eric Satie – Alice Sara Ott piano recital part 2

Scorcio di secolo, da “Gente sul ponte”(1986), Wislawa Szymborska

Doveva essere migliore degli altri il nostro ventesimo secolo.
Non farà più in tempo a dimostrarlo,
ha gli anni contati,
il passo malfermo,
il fiato corto.

Sono ormai successe troppe cose
che non dovevano succedere,
e quel che doveva arrivare
non è arrivato.

Ci si doveva avviare verso la primavera
e la felicità, tra l’altro.

La paura doveva abbandonare i monti e le valli.
La verità doveva raggiungere la meta
prima della menzogna.

Alcune sciagure
non dovevano più accadere,
ad esempio la guerra
e la fame, e così via.

Doveva essere rispettata
l’inermità degli inermi,
la fiducia e via dicendo.

Chi voleva gioire del mondo
si trova di fronte a un’impresa
impossibile.

La stupidità non è ridicola.
La saggezza non è allegra.
La speranza
non è più quella giovane ragazza
et cetera, purtroppo.

Dio doveva finalmente credere nell’uomo
buono e forte,
ma il buono e il forte
restano due esseri distinti.

Come vivere? – mi ha scritto qualcuno
a cui io intendevo fare
la stessa domanda.

Da capo, e allo stesso modo di sempre,
come si è visto sopra,
non ci sono domande più pressanti
delle domande ingenue.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

The Century’s Decline

Our twentieth century was going to improve on the others.
It will never prove it now,
now that its years are numbered,
its gait is shaky,
its breath is short.

Too many things have happened
that weren’t supposed to happen,
and what was supposed to come about
has not.

Happiness and spring, among other things,
were supposed to be getting closer.

Fear was expected to leave the mountains and the valleys.
Truth was supposed to hit home
before a lie.

A couple of problems weren’t going
to come up anymore:
humger, for example,
and war, and so forth.

There was going to be respect
for helpless people’s helplessness,
trust, that kind of stuff.

Anyone who planned to enjoy the world
is now faced
with a hopeless task.

Stupidity isn’t funny.
Wisdom isn’t gay.

Hope
isn’t that young girl anymore,
et cetera, alas.

God was finally going to believe
in a man both good and strong,
but good and strong
are still two different men.

“How should we live?” someone asked me in a letter.
I had meant to ask him
the same question.

Again, and as ever,
as may be seen above,
the most pressing questions
are naïve ones.

(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)

Luce, Rabindranath Tagore

Luce, mia luce!
Luce che inondi la terra
luce che baci gli occhi
luce che addolcisce il cuore!

Amore mio, la luce danza
al centro della mia vita
la luce tocca le corde del mio amore.

Il cielo si spalanca
il vento soffia selvaggio
il riso passa sopra la terra.
Le farfalle dispiegano le loro ali
sul mare della luce.
Gigli e gelsomini sbocciano
sulla cresta delle sue onde.

Amore mio, la luce s’infrange
nell’oro delle nubi
e sparge gemme in gran copia.
Gioia e serenità si diffondono
di foglia in foglia senza limiti.
Il fiume del cielo
ha superato le sue sponde
e inonda di felicità la terra.

Light

Light, my light, the world-filling light,
the eye-kissing light,
heart-sweetening light!

Ah, the light dances, my darling, at the center of my life;
the light strikes, my darling, the chords of my love;
the sky opens, the wind runs wild, laughter passes over the earth.

The butterflies spread their sails on the sea of light.
Lilies and jasmines surge up on the crest of the waves of light.

The light is shattered into gold on every cloud, my darling,
and it scatters gems in profusion.

Mirth spreads from leaf to leaf, my darling,
and gladness without measure.
The heaven’s river has drowned its banks
and the flood of joy is abroad.

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Jarrod Radnich – Virtuosic Piano Solo – I Saw Three Ships

Venute dal mare, da “Dal mare o da altra stella” (2006), Eugénio De Andrade

Sono cose venute dal mare.
O da altra stella.
Ciottoli, ricci, astri
piccoli e vagabondi, senza bussola,
senza nord, i passi incerti. Poco
si trattengono. Come la felicità.
Seguono altra canzone, altra bandiera.
Tutto questo gli occhi portavano.
Dal mare. O da altra età.

(Traduzione di Federico Bertolazzi)

Vindas do mar

São coisas vindas do mar.
Ou doutra estrela.
Seixos, ouriços, astros
pequenos e vagabundos, sem bússola,
sem norte, os passos incertos. Pouco
se demoram. Como a felicidade.
Seguem outra canção, outra bandeira.
Tudo isso os olhos traziam.
Do mar. O doutra idade.

Stanchezza, da “Poesie di Álvaro de Campos”, Fernando Pessoa

Quello che c’è in me è soprattutto stanchezza
non di questo o di quello
e neppure di tutto o di niente:
stanchezza semplicemente, in sé,
stanchezza.
La sottigliezza delle sensazioni inutili,
le violente passioni per nulla,
gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,
tutte queste cose –
queste e ciò che manca in esse eternamente –
tutto ciò produce stanchezza,
questa stanchezza,
stanchezza.
C’è senza dubbio chi ama l’infinito,
c’è senza dubbio chi desidera l’impossibile,
c’è senza dubbio chi non vuole niente –
tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
perché io amo infinitamente il finito,
perché io desidero impossibilmente il possibile,
perché voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
o anche se non può essere…
E il risultato?
Per loro la vita vissuta o sognata,
per loro il sogno sognato o vissuto,
per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita…
Per me solo una grande, una profonda,
e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,
una supremissima stanchezza,
issima, issima, issima,
stanchezza…

(Traduzione di Antonio Tabucchi)

O que há em mim é sobretudo cansaço —

O que há em mim é sobretudo cansaço —
Não disto nem daquilo,
Nem sequer de tudo ou de nada:
Cansaço assim mesmo, ele mesmo,
Cansaço.
A subtileza das sensações inúteis,
As paixões violentas por coisa nenhuma,
Os amores intensos por o suposto em alguém,
Essas coisas todas —
Essas e o que falta nelas eternamente —;
Tudo isso faz um cansaço,
Este cansaço,
Cansaço.
Há sem dúvida quem ame o infinito,
Há sem dúvida quem deseje o impossível,
Há sem dúvida quem não queira nada —
Três tipos de idealistas, e eu nenhum deles:
Porque eu amo infinitamente o finito,
Porque eu desejo impossivelmente o possível,
Porque quero tudo, ou um pouco mais, se puder ser,
Ou até se não puder ser…
E o resultado?
Para eles a vida vivida ou sonhada,
Para eles o sonho sonhado ou vivido,
Para eles a média entre tudo e nada, isto é, isto…
Para mim só um grande, um profundo,
E, ah com que felicidade infecundo, cansaço,
Um supremíssimo cansaço,
Íssimo, íssimo, íssimo,
Cansaço…

9-10-1934
(Poesias de Álvaro de Campos. Fernando Pessoa. Lisboa: Ática, 1944)

La felicità, Jack Hirschman

C’è una felicità, una gioia
nell’anima che è stata
sepolta viva in ciascuno di noi
e dimenticata.

Non si tratta di uno scherzo da bar
né di tenero, intimo umorismo
né di amicizia affettuosa
né un grande, brillante gioco di parole.

Sono i superstiti sopravvissuti
a ciò che accadde quando la felicità
fu sepolta viva, quando essa
non guardò più

dagli occhi di oggi, e non si
manifesta neanche quando
uno di noi muore – semplicemente ci allontaniamo
da tutto, soli

con quello che resta di noi,
continuando ad essere esseri umani
senza essere umani,
senza quella felicità.

(Traduzione di Raffaella Marzano)

The Happiness

There’s a happiness, a joy
in one soul, that’s been
buried alive in everyone
and forgotten.

It isn’t your barroom joke
or tender, intimate humor
or affections of friendliness
or big, bright pun.

They’re the surviving survivors
of what happened when happiness
was buried alive, when
it no longer looked out

of today’s eyes, and doesn’t
even manifest when one
of us dies, we just walk away
from everything, alone

with what’s left of us,
going on being human beings
without being human,
without that happiness.

Il giardiniere, Mary Oliver

Ho vissuto abbastanza?
Ho amato abbastanza?
Ho considerato abbastanza la giusta azione, sono giunto a qualche conclusione?
Ho provato la felicità con sufficiente gratitudine?
Ho sopportato la solitudine con grazia?

Dico questo, o forse lo sto solo pensando.
In realtà probabilmente penso troppo.

Poi esco in giardino,
dove il giardiniere, che si dice sia un uomo semplice,
sta curando le sue figlie, le rose.

The Gardener

Have I lived enough?
Have I loved enough?
Have I considered Right Action enough, have I come to any conclusion?
Have I experienced happiness with sufficient gratitude?
Have I endured loneliness with grace?

I say this, or perhaps I’m just thinking it.
Actually I probably think too much.

Then I step out into the garden,
where the gardener, who is said to be a simple man,
is tending his children, the roses.

Voglio ignorato, e calmo, Fernando Pessoa

Voglio ignorato, e calmo
perchè ignorato, e proprio
perchè calmo, riempire i miei giorni
di non volere altro da essi.

A quelli che la ricchezza tocca
l’oro irrita la pelle.
A quelli che la fama seconda
s’appanna la vita.

A quelli cui la felicità
è sole, verrà la notte.
Ma  a chi nulla spera
tutto ciò che viene è gradito.

(Da “Poesie scelte” Fernando Pessoa – Passigli Editori – Traduzione Luigi Panarese)

Quero ignorado, e calmo

Quero ignorado, e calmo
Por ignorado, e próprio
Por calmo, encher meus dias
De não querer mais deles.

Aos que a riqueza toca
O ouro irrita a pele.
Aos que a fama bafeja
Embacia-se a vida.

Aos que a felicidade
É sol, virá a noite.
Mas ao que nada espera
Tudo que vem é grato.

L’umanità ha bisogno di te, Michel Quoist

Se la nota dicesse:
“Non è una nota che fa una musica …”
Non ci sarebbero le sinfonie!

Se la parola dicesse:
“Non è una parola che può fare una pagina …”
Non ci sarebbero i libri!

Se la pietra dicesse:
“Non è una pietra che può alzare un muro …”
Non ci sarebbero le case!

Se la goccia d’acqua dicesse:
“Non è una goccia d’acqua che può fare il fiume …”
Non ci sarebbe l’oceano!

Se il chicco di grano dicesse:
Non è un chicco di grano che può seminare il campo …”
Non ci sarebbe la messe!

Se l’uomo dicesse:
“Non è un gesto d’amore che può salvare l’umanità … ”
Non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità né felicità nella terra degli uomini.

Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota,
Come il libro ha bisogno di ogni parola,
Come la casa ha bisogno di ogni pietra,
Come l’oceano ha bisogno di ogni goccia d’acqua,
Come la messe ha bisogno di ogni chicco di grano,
L’umanità intera ha bisogno di te, là, dove sei, unico, e dunque insostituibile!

(Trad. di G. Carro)

L’humanité toute entière a besoin de toi 

Si la note disait :
ce n’est pas une note qui fait la musique
… il n’y aurait pas de symphonie.

Si le mot disait :
ce n’est pas un mot qui peut faire une page
… il n’y aurait pas de livre.

Si la pierre disait :
ce n’est pas une pierre qui peut monter un mur
… il n’y aurait pas de maison.

Si la goutte d’eau disait :
ce n’est pas une goutte d’eau qui peut faire une rivière… il n’y aurait pas d’océan.

Si le grain de blé disait :
ce n’est pas un grain de blé qui peut faire un champ… il n’y aurait pas de moisson.

Si l’homme disait :
ce n’est pas un geste d’amour qui peut sauver l’humanité… il n’y aurait jamais de justice, de paix, de dignité et de bonheur sur la terre des hommes.

Comme la symphonie a besoin de chaque note
Comme le livre a besoin de chaque mot

Comme la maison a besoin de chaque pierre
Comme l’océan a besoin de chaque goutte d’eau

Comme la moisson a besoin de chaque grain de blé l’humanité toute entière a besoin de toi,
là où tu es
Unique et donc irremplaçable.

If each note said…

If each note of music were to say:
one note does not make a symphony,
there would be no symphony.
If each word were to say: one word does not make a book,
there would be no book.
If each brick were to say: one brick does not make a wall,
there would be no house.
If each drop of water were to say: one drop does not make an ocean,
there would be no ocean.
If each seed were to say: one grain does not make a field of corn,
there would be no harvest.
If each one of us were to say: one act of love cannot save mankind,
there would never be justice and peace on earth.

The symphony needs each note.
The book needs each word.
The house needs each brick.
The ocean needs each drop of water.
The harvest needs each grain of wheat.
The whole of humanity needs you
as and where you are.
You are unique.
No one can take your place.

(Michel Quoist: Keeping Hope – Favourite Prayers for Modern Living)

Strofe per musica, da “Hebrew Melodies” (1815), George Gordon Byron

I
Dicono che la Speranza sia felicità,
ma il vero Amore deve amare il passato,
e il Ricordo risveglia i pensieri felici
che primi sorgono e ultimi svaniscono.
II
E tutto ciò che il Ricordo ama di più
un tempo fu Speranza solamente;
e quel che amò e perse la Speranza
ormai è circonfuso nel Ricordo.
III
È triste! È tutto un’illusione:
il futuro ci inganna da lontano,
non siamo più quel che ricordiamo,
né osiamo pensare a ciò che siamo.

(Traduzione di Franco Buffoni)

Stanzas for Music 

They say that Hope is happiness;
but genuine Love must prize the past,
and Memory wakes the thoughts that bless:
they rose the first–they set the last;

And all that Memory loves the most
was once our only Hope to be,
and all that Hope adored and lost
hath melted into Memory.

Alas it is delusion all:
the future cheats us from afar,
nor can we be what we recall,
nor dare we think on what we are.