Non occorre titolo, da “La fine e l’inizio” (1993), Wislawa Szymborska

Si è arrivati a questo: siedo sotto un albero,
sulla sponda d’un fiume
in una mattina assolata.
E’ un evento futile
e non passerà alla storia.
Non si tratta di battaglie e patti
di cui si studiano le cause,
né di tirannicidi degni di memoria.

Comunque siedo su questa sponda, è un fatto.
E se sono qui,
da una qualche parte devo pur essere venuta,
e in precedenza
devo essere stata in molti altri posti,
esattamente come i conquistatori di terre lontane
prima di salire a bordo.

Anche l’attimo fuggente ha un ricco passato,
il suo venerdì prima del sabato,
il suo maggio prima di giugno.
Ha i suoi orizzonti non meno reali
di quelli nel cannocchiale dei capitani.

Quest’albero è un pioppo radicato da anni.
Il fiume è la Raba, che scorre non da ieri.
Il sentiero è tracciato fra i cespugli
non dall’altro ieri.
Il vento per soffiare via le nuvole
prima ha dovuto spingerle qui.

E anche se nulla di rilevante accade intorno,
non per questo il mondo è più povero di particolari,
peggio fondato, meno definito
di quando lo invadevano i popoli migranti.

Il silenzio non accompagna solo i complotti,
né il corteo delle cause solo le incoronazioni.
Possono essere tondi non solo gli anniversari delle insurrezioni,
ma anche i sassolini in parata sulla sponda.

Fitto e intricato è il ricamo delle circostanze.
Il punto della formica nell’erba.
L’erba cucita alla terra.
Il disegno dell’onda in cui si infila un fuscello.

Si dà il caso che io sia qui e guardi.
Sopra di me una farfalla bianca sbatte nell’aria
ali che sono solamente sue
e sulle mani mi vola un’ombra,
non un‘altra, non d’un altro, ma solo sua.

A tale vista mi abbandona sempre la certezza
che ciò che è importante
sia più importante di ciò che non lo è.

(Traduzione di Pietro Marchesani)

No Title Required 

It’s come to this: I’m sitting under a tree,
beside a river
on a sunny morning.
It’s an insignificant event
and won’t go down in history.
It’s not battles and pacts,
whose motives are scrutinized,
or noteworthy tyrannicides.

And yet I’m sitting by this river, that’s a fact.
And since I’m here,
I must have come from somewhere,
and before that
I must have turned up in many other places,
exactly like the conquerors of nations
before setting sail.

Even a passing moment has its fertile past,
its Friday before Saturday,
its May before June.
Its horizons are no less real
than those a marshal’s fieldglasses might scan.

This tree is a poplar that’s been rooted here for years.
The river is the Raba; it didn’t spring up yesterday.
The path leading through the bushes
wasn’t beaten last week.
The wind had to blow the clouds here
before it could blow them away.

And though nothing much is going on nearby,
the world’s no poorer in details for that,
it’s just as grounded, just as definite
as when migrating races held it captive.

Conspiracies aren’t the only things shrouded in silence.
Retinues of reasons don’t trail coronations alone.
Anniversaries of revolutions may roll around,
but so do oval pebbles encircling the bay.

The tapestry of circumstance is intricate and dense.
Ants stitching in the grass.
The grass sewn into the ground.
The pattern of a wave being needled by a twig.

So it happens that I am and look.
Above me a white butterfly is fluttering through the air
on wings that are its alone
and a shadow skims through my hands
that is none other, no one else’s, but its own.

When I see such things I’m no longer sure
that what’s important
is more important than what’s not.

(Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh)

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Beatrice Rana – Stravinsky: The Firebird: Danse Infernale25 ott 2019

Trascritto per pianoforte da Guido Agosti, il mitico Uccello di fuoco di Stravinskij assume un nuovo suono sotto la maestria di Beatrice Rana.
Le radici di Beatrice in Puglia, Lecce rappresentano parte integrante della sua arte. In questo video, Lecce assume il ruolo di protagonista: le scene dell’esplorazione di Beatrice stessa, giocando con gli elementi che la circondano, perdendosi tra città e natura, si intrecciano con immagini di ascoltatori attenti, occhi chiusi, orecchie sintonizzate sulla colonna sonora che guida questa esperienza: la danza infernale di Stravinskij.

La mia vita non è quest’ora ripida, da “Libro d’ore” (2008), Rainer Maria Rilke

La mia vita non è quest’ora ripida
che mi vedi scalare in fretta.
Sono un albero innanzi all’orizzonte,
una delle mie molte bocche,
e la prima a chiudersi.

Sono l’attimo tra due suoni
che male s’accordano
perché il suono morte vuole emergere.

Ma nella pausa buia
si riconciliano
entrambi tremando.
E bello resta il canto.

(Traduzione di Lorenzo Gobbi)

Mein Leben ist nicht diese steile Stunde

Mein Leben ist nicht diese steile Stunde,
darin du mich so eilen siehst.
Ich bin ein Baum vor meinem Hintergrunde,
ich bin nur einer meiner vielen Munde
und jener, welcher sich am frühsten schließt.

Ich bin die Ruhe zwischen zweien Tönen,
die sich nur schlecht aneinander gewöhnen:
denn der Ton Tod will sich erhöhn –

Aber im dunklen Intervall versöhnen
sich beide zitternd.
Und das Lied bleibt schön.

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Handel Dixit Dominus / musicAeterna and Teodor Currentzis – 22 dic 2011

Se non ho altra voce…, da “José Saramago, Le poesie” (2002), José Saramago

Se non ho altra voce per sdoppiare
in echi d’altri suoni il mio silenzio,
parlerò, parlerò, finché non esca
la parola nascosta di ciò che penso.

E la dirò, sfinito, tra deviazioni
di freccia che avvelena anche se stessa,
o altro mare addensato di vascelli
dove il braccio annegato ci fa cenno.

E spingerò in fondo una radice
se la pietra miliare la via sbarra,
e lancerò in alto quanto dice
che più albero è il tronco che è più solo.

E lei dirà, parola ora scoperta,
tutti i detti del vivere consueto:
quest’ora che sconforta e che conforta,
il non vedere, il non avere, il quasi essere.

(Traduzione di Fernanda Toriello)

Se não tenho outra voz…

Se não tenho outra voz que me desdobre
Em ecos doutros sons este silêncio,
É falar, ir falando, até que sobre
A palavra escondida do que penso.

É dizê-la, quebrado, entre desvios
De flecha que a si mesma se envenena,
Ou mar alto coalhado de navios
Onde o braço afogado nos acena.

É forçar para o fundo uma raiz
Quando a pedra cabal corta caminho
É lançar para cima quanto diz
Que mais árvore é o tronco mais sozinho.

Ela dirá, palavra descoberta,
Os ditos do costume de viver:
Esta hora que aperta e desaperta,
O não ver, o não ter, o quase ser.

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Nothing Else Matters – Metallica – William Joseph feels the Rain

Crepuscolo, da “Love Songs” (1917), Sara Teasdale

Sognante sopra i tetti
La fredda pioggia primaverile sta cadendo;
Fuori nell’albero solitario,
Un uccello sta chiamando, chiamando.

Lentamente sopra la terra
Le ali della notte stanno calando;
Il mio cuore come l’uccello nell’albero
Sta chiamando, chiamando, chiamando.

Twilight

Dreamily over the roofs
⁠The cold spring rain is falling;
Out in the lonely tree
⁠A bird is calling, calling.

Slowly over the earth
⁠The wings of night are falling;
My heart like the bird in the tree
⁠Is calling, calling, calling.

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David Garrett – Lacrimosa, W.A. Mozart – Verona 05.09.2015

Albero in autunno, Hermann Hesse

Con le fredde notti d’ottobre
il mio albero lotta disperato
per la sua verde veste. L’ama, è triste,
nei giorni felici la indossava,
volentieri l’avrebbe conservata.

E ancora una notte, ancora
un duro giorno. L’albero è stanco
e non combatte più, cede le membra tronche
ad un volere ignoto
che infine tutto lo sovrasta.

Ma rossodorato ora sorride
e felice riposa nel profondo azzurro.
Stanco alla morte si è donato
e l’autunno, il tenero autunno
d’un nuovo splendore l’ha adornato.

Baum im Herbst

Noch ringt verzweifelt mit den kalten
Oktobernächten um sein grünes Kleid
Mein Baum. Er liebt’s, ihm ist es leid,
Er trug es fröhliche Monde lang,
Er möchte es gern behalten.

Und wieder eine Nacht, und wieder
Ein rauher Tag. Der Baum wird matt
Und kämpft nicht mehr und gibt die Glieder
Gelöst dem fremden Willen hin,
Bis der ihn ganz bezwungen hat.

Nun aber lacht er golden rot
Und ruht im Blauen tief beglückt.
Da er sich müd dem Sterben bot,
hat ihn der Herbst, der milde Herbst
Zu neuer Herrlichkeit geschmückt.

Aus: «Gedichte», Fretz & Wasmuth Verlag AG, Zürich

Ballata della nostalgia inseparabile, Rafael Alberti

Sempre questa nostalgia, quest’inseparabile
nostalgia che ogni cosa allontana e muta.
Dimmelo tu, albero.

Ti guardo. Mi guardi. E non sei più lo stesso.
E non è lo stesso il vento che ti sferza.
Dimmelo tu, acqua.

Ti bevo. Mi bevi. E non sei più la stessa.
Non è la stessa terra della tua gola.
Dimmelo tu, sogno.

Ti prendo. Mi prendi: E non sei più lo stesso.
Non è lo stesso astro che culla il tuo sonno.
Dimmelo tu, stella.

Ti chiamo. Mi chiami. E non sei più la stessa.
Non è la stessa la chiara notte che ti brucia.
Dimmelo tu, notte.

(da Ballate e canzoni del Maggiore Pazzo)

Balada de la nostalgia inseparable

Siempre esta nostalgia, esta inseparable
nostalgia que todo lo aleja y lo cambia.
Dímelo tú, árbol.

Te miro. Me miras. Y no eres ya el mismo.
ni el mismo viento quien te está azotando.
Dímelo tú, agua.

Te bebo. Me bebes. Y no eres la misma.
Ni es la misma tierra la de tu garganta.
Dímelo tú, tierra.

Te tengo. Me tienes. Y no eres la misma.
Ni es el mismo sueño de amor quien te llena.
Dímelo tú, sueño.

Te tomo. Me tomas. Y no eres ya el mismo.
Ni es la misma estrella quien te está durmiendo.
Dímelo tú, estrella.

Te llamo. Me llamas. Y no eres la misma.
Ni es la misma la noche clara quien te quema.
Dímelo tú, noche.

La vita tranquilla, da “L’uomo che cammina un passo avanti al buio”, Mark Strand

Sei in piedi alla finestra.
C’è una nube di vetro a forma di cuore.
I sospiri del vento sono caverne in ciò che dici.
Sei il fantasma sull’albero lì fuori.

La strada è muta.
Il clima, come il domani, come la tua vita,
è in parte qui, in parte per aria.
Non puoi farci niente.

La vita tranquilla non dà preavvisi.
Consuma i climi dello sconforto
e compare, a piedi, non riconosciuta, senza offrire nulla,
e tu sei lì.

(Traduzione di Damiano Abeni)

The Good Life

You stand at the window.
There is a glass cloud in the shape of a heart.
There are the wind’s sighs that are like caves in your speech.

You are the ghost in the tree outside.
The street is quiet.
The weather, like tomorrow, like your life,
is partially here, partially up in the air.

There is nothing you can do.
The good life gives no warning.
It weathers the climates of despair
and appears, on foot, unrecognized, offering nothing,
and you are there.

From “Darker: poems”, Atheneum, 1970

Notte stellata, Anne Sexton

La città non esiste
se non dove un albero dai capelli
neri scivola via, come una donna
annegata nel cielo caldo. Tace,
la città. Bolle la notte, con dieci
e una stella. Oh notte stellata,
stellata notte! È così che voglio
morire.

Si muove. Sono tutti quanti vivi.
Quando la luna rompe le catene
arancioni che la legano e spruzza
bambini dai suoi occhi, come un dio,
il vecchio serpente, senza esser visto
divora le stelle. Oh stellata notte,
notte stellata! È così che voglio
morire:

in questa strisciante bestia notturna,
risucchiata tutta dentro nel grande
drago, separata
dalla mia vita senza una bandiera,
senza pancia
né grido.

The Starry Night

The town does not exist
except where one black-haired tree slips
up like a drowned woman into the hot sky.
The town is silent. The night boils with eleven stars.
Oh starry night! This is how
I want to die.

It moves. They are all alive.
Even the moon bulges in its orange irons
to push children, like a god, from its eye.
The old unseen serpent swallows up the stars.
Oh starry starry night! This is how
I want to die:

into that rushing beast of the night,
sucked up by that great dragon, to split
from my life with no flag,
no belly,
no cry.

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“That does not keep me from having a terrible need of – shall I say the word – religion. Then I go out at night to paint the stars.”
– Vincent Van Gogh in a letter to his brother

notte stellata Van Gogh
Starry Night – Vincent Van Gogh

Un albero, una strada, un rospo, da “New Poems Book Two”, Charles Bukowski

Un tavolo da 7, tutti
che ridono forte, senza smettere,
in modo quasi assordante,
ma non c’è gioia nella loro
risata, sembra
meccanica.
Finzione e falsità
avvelenano l’aria.
Sembra che gli altri avventori non lo
notino.
Sono asfissiato dalle risate,
le viscere, il cervello, la mia coscienza,
mi vanno di traverso.
Sogno di prendere una pistola, di
avvicinarmi al tavolo
e di far saltare le loro teste,
una dopo l’altra.
Naturalmente, questo mi renderebbe
ancora più colpevole di
loro.
Eppure, continuo a fantasticare e
poi capisco che pretendo
troppo.
Avrei già dovuto capire
da un pezzo che è così
e basta:
che dappertutto ci sono tavoli da 2,
3,7, 10 o anche più
con gente
che ride senza motivo e
senza gioia,
che ride per niente senza
trasporto,
e che questa è una parte inevitabile
di tutto,
come un albero, una strada, un rospo.

Ordino ancora da bere e
decido di non ucciderli, nemmeno
nella mia immaginazione.

Decido, invece, che sono un
uomo davvero fortunato:
il tavolo è a 7 metri di distanza.
Potrei essere a quel tavolo, seduto
con loro,
vicino alle loro bocche,
vicino ai loro occhi e alle loro orecchie
e alle loro mani,
e sentire realmente la conversazione
che provoca le loro risate
senza gioia.
Mi sono già trovato in molte situazioni simili
ed è stata una dura croce,
davvero.

Così, mi accontento della mia buona sorte
ma non posso fare a meno di chiedermi
se al mondo sia rimasto un angolo
con un tavolo da 7 dove
si provano sentimenti autentici,
dove c’è
una bella risata vera.
Spero di si.
Devo sperare di si.

a tree, a road, a toad

a table of 7, all
laughing loudly, again and again,
almost deafening,
but there is no joy in their
laughter, it seems machine
made.
the pretense and falsity
poison the air.
the other diners seem not to
notice.
I am asphyxiated by the laughter,
my guy, my mind, my very meaning
gag on it.
I dream of taking a gun, of
walking over to the table
and blowing their heads off,
one by one.
of course, this would make me
far more guilty than they
are.
still, i have the thought and
then I realize that I expect too
much.
I should have long ago
realized that this is the way
it is:
that everywhere there are tables of 2,
3, 7, 10 or more
where people
laugh meaninglessly and
without joy,
laugh inanely without
real feeling,
and that this is an inevitable part
of all that,
like a tree, a road, a toad.

I order another drink and
decide not to kill them, even
in my imagination.

I decide, instead, that I am a
very lucky man:
the table is twenty feet away.
I could be at that table, sitting there
with them,
close to their mouths,
close to their eyes and their ears
and their hands,
actually listening to the conversation
which is causing their joyless
laughter.
I have been in many situations before
and it has been one bloody cross,
indeed.

so, I settle for my good fortune
but can’t help but wonder
if there is any place left in the world
with a table of 7 where
there are genuine feelings,
where there is
great and real laughter.
I hope so.
I have to hope so.

Circospezione, Paul Verlaine

Dammi la mano, trattieni il respiro, sediamoci
sotto quest’albero gigante dove la brezza muore
in sospiri ineguali sotto le grige fronde
che il pallido e dolce chiaro di luna carezza.

Immobili, chiniamo lo sguardo sulle ginocchia.
Più non pensiamo, sognamo. Lasciamoli perdere,
la felicità in fuga e l’amore che si consuma,
e i nostri capelli sfiorati dall’ala dei gufi.

Dimentichiamo di sperare. Discreta e contenuta,
l’anima d’ognuno di noi due prolunghi
questa calma e questa morte serena del sole.

Restiamo silenziosi nella pace notturna:
non è bene disturbare nel suo sonno
la natura, questo dio feroce e taciturno.

Circonspection

Donne ta main, retiens ton souffle, asseyons-nous
Sous cet arbre géant où vient mourir la brise
En soupirs inégaux sous la ramure grise
Que caresse le clair de lune blême et doux.

Immobiles, baissons nos yeux vers nos genoux.
Ne pensons pas, rêvons. Laissons faire à leur guise
Le bonheur qui s’enfuit et l’amour qui s’épuise,
Et nos cheveux frôlés par l’aile des hiboux.

Oublions d’espérer. Discrète et contenue,
Que l’âme de chacun de nous deux continue
Ce calme et cette mort sereine du soleil.

Restons silencieux parmi la paix nocturne :
Il n’est pas bon d’aller troubler dans son sommeil
La nature, ce dieu féroce et taciturne.