Perché amo gli animali? da “Il carnevale della croce” (2009), Alda Merini

Perché amo gli animali?
Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande
e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature:
sono perfette
in questo amore che corre sulla terra
per arrivare a te.

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Yuja Wang & David Fung: Saint-Saëns Carnival of the Animals – At Hollywood Bowl, Los Angeles Philharmonic conducted by Gustavo Dudamel, March 5, 2021
(4:45 V. The Elephant – 7:00 VII. Aquarium – 15:35 XIII. The Swan)

Dialoghi, da “Tu sola nel mio deserto” (2017), Alda Merini

Oggi non sappiamo a chi parlare o pensiamo di parlare con i sogni non facilmente decifrabili per esprimere il nostro passato, perché a me pare che il successo del nostro presente derivi dalla rimozione forzata di un passato che tutti sentiamo colpevole.

Ci siamo colpevolizzati per la guerra, i nostri figli, per piccolissimi reati che con il tempo sono diventati veri e propri atti delinquenziali. Non parliamo più di quello che di bene abbiamo fatto nella vita ma del male che abbiamo fatto e subìto.

Io, per esempio, mi ricordo solo del manicomio, Johnny solo dei bilanci sbagliati, Bianca dei suoi errori verso i figli, e tutti andiamo a letto stucchevolmente malati di mentirci.

Passato, presente e futuro mentitore.

29/1/1991

Ascoltavo la pioggia, Alda Merini

Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.

L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.

Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.

Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.

E la pioggia piangeva
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.

Da: @MeriniPoesia

Semplicità, Alda Merini

La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercè di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini,
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.
Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l’anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.

Simplicity

Simplicity is getting naked in front of others.
And we have so much difficulty to be real with others.
We are afraid of being misunderstood, to appear fragile,
ending up at the mercy of those around us in the face.
We will never expose.
Because we lack the strength to be human,
what makes us accept our limits,
that we make them understand, giving it meaning and turning them into energy, by virtue precisely.
I love the simplicity that is accompanied by humility.
I like bums.
I like people who know how to listen to the wind on their skin,
feel the smells of things,
capturing the soul.
Those that have the flesh in contact with the flesh of the world.
Because there is truth, there is sweetness, there is sensitivity, there is still love.

La pace, Alda Merini

A Enrico Baj

La pace che sgorga dal cuore
e a volte diventa sangue,
il tuo amore
che a volte mi tocca
e poi diventa tragedia,
la morte qui sulle mie spalle,
come un bambino pieno di fame
che chiede luce e cammina.
Far camminare un bimbo è cosa semplice,
tremendo è portare gli uomini
verso la pace,
essi accontentano la morte
per ogni dove,
come fosse una bocca da sfamare.
Ma tu maestro che ascolti
i palpiti di tanti soldati,
sai che le bocche della morte
sono di cartapesta,
più sinuosi dei dolci
le labbra intoccabili
della donna che t’ama.

Una volta ti dissi, da “Vuoto d’amore” (1982), Alda Merini

Una volta ti dissi:
non arrabbiarti, amore,
s’io sono diversa.
Forse sono una colonna di fumo,
ma la legna che sotto di me arde
è la legna dorata dei boschi,
e tu non hai voluto ascoltarmi.
Guardavi la mia pelle candida
con l’incredulità di un sacerdote,
e volevi affondarvi il coltello
e così la tua vittima è morta
sotto il peso della tua stoltezza,
o malaccorto amore.

Prendevo in giro l’ebrietà della forma
e sapevo che ero di lutto,
eppure il lutto mi doleva dentro
con la dolcezza di uno sparviero.
Quante volte fui scoperta e mangiata,
quante volte servii di pasto agli empi;
e anche tu adesso sei empio,
o mio corollario di amore.
Dov’è la tua religione
per la mia povera croce?

La pazienza, da “Tu sola nel mio deserto” (2017), Alda Merini

Questa assurda pazienza che è la vita
dove crepita il foglio dell’attesa
dove bruci le steppe dei tuoi occhi
dove ti incanti per il grande cielo
non può attendere che tu ti incammini
sopra un refuso, vai oltre gli errori
saltando a pari piedi i tuoi gradini
di sentimenti: sono i tuoi figlioli
ad insegnarti che la verga fiorisce
soltanto dentro il cuore di una mamma.
C’è anche santità di poesia
che vive dentro i ghiacci del sapere.

7/12/1991, Sant’Ambrogio
A Elena